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Firma al decreto "equo compenso": sempre più #iniquocompenso

Pubblicato su da ustorio

~Alla fine gli aumenti arriveranno grazie alla firma che Dario Franceschini, Ministro dei Beni Culturali e delle Attività Culturali, ha apposto sull'apposito decreto ministeriale. Pochi i dettagli noti, ma quelli che emergono sono in buona parte imbarazzanti. #iniquocompenso

~di Alessandro Bordin pubblicato il 22 Giugno 2014 nel canale MULTIMEDIA

~Equo compenso per copia privata, l'assurdità continua Era nell'aria ed è arrivato. Stiamo parlando del decreto volto ad adeguare le tariffe dovute da chi usufruisce a titolo privato di contenuti multimediali, come la legge sul diritto d'autore prevede. La questione non verte sul legittimo diritto di salvaguardare le opere di ingegno e i compensi che spettano a chi produce contenuti. Siamo di fronte più che altro ad una ennesima prova di menefreghismo e sordità nei confronti di molte delle parti chiamate al tavolo di discussione (in pratica è stata ascoltata solo la SIAE), e su una ben più grave modalità di raccolta di soldi tramite una tassa (sì, una tassa, ma ci torniamo dopo) applicata in molti casi senza alcun criterio logico (in ultima pagina trovate le motivazioni, già espresse anche in altri articoli). Ma andiamo per gradi e cerchiamo di vederci più chiaro. Dario Franceschini è ministro dal 22 febbraio 2014, motivo per cui possiamo portare a sua discolpa il fatto di essere in questa posizione istituzionale da poco, "ereditando" gran parte dei lavori già impostati dal suo predecessore Massimo Bray. Sarebbe ingiusto parlare di ignoranza e di legiferazione su un argomento non conosciuto; riportiamo infatti il video di un tavolo di discussione parlamentare pubblicato il 7 maggio 2014 (durata oltre 40 minuti, ma ne vale la pena), in cui il ministro sembra conscio delle problematiche (o almeno di alcune) che gravitano intorno allo spinoso argomento. Quello che indigna la rete, gli addetti ai lavori e i cittadini più informati è che nulla cambia rispetto alla vergogna della legge vigente, se non che ora pagheremo molto di più rispetto a prima andando ad acquistare qualsiasi apparecchio in grado di registrare o riprodurre materiale multimediale, a prescindere che sia usato per godere di contenuti protetti dal diritto d'autore oppure no. Acquistiamo una memory card per la macchina fotografica? Una parte di quei soldi andrà agli iscritti alla SIAE. E' assurdo per tutti tranne che per il legislatore e la SIAE, ma anche in questo caso ci torniamo dopo. Come abbiamo avuto modo di anticipare, il ministro dimostra nel video di essere a conoscenza di alcune problematiche, ma ha commesso a nostro avviso l'errore madornale di ascoltare una sola parte, ovvero la SIAE. Il tavolo delle trattative con le molte parti in causa non ha portato a nulla, come affermato dallo stesso ministro. Esattamente come il decreto Bondi, la nota ministeriale sembra scritta sotto dettatura SIAE e cerca di convincerci sulla bontà della causa, senza riuscirci minimamente non sul concetto di base, ma sulle modalità. I principali protagonisti della nota sono smartphone e tablet, ovvero la vacca più grassa da mungere al giorno d'oggi, ma seguirà anche la liste di tutti i dispositivi elettronici in grado di archiviare e/o riprodurre contenuti multimediali.

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Amate il mercato? Beccatevi gli usurai

Pubblicato su da ustorio

30 SETTEMBRE 2010 L'Europeo 37 - Il Conformista 21 settembre 1994

Ormai tutti, anche gli ex comunisti, credono nel libero mercato come supremo regolatore del bene comune. E dopo averci impiccato col sistema bancario, lasciateci almeno liberi di ricorrere agli strozzini Mi fa ridere questa compunta ed improvvisa indignazione per l'usura, gli usurai, gli strozzini, i "cravattari". Mi fa ridere perché tutto il sistema capitalistico è basato sull'usura. Che cos'è infatti la Banca, che di questo sistema è il centro e il motore, se non una fabbrica d'usura in grande stile? Che cosa fa l'usuraio? Presta denaro ad interesse. Che cosa fa la Banca? Presta denaro ad interesse. Ma, si dice, si tratta di due cose ben differenti. Leggiamo allora come il Codice Penale, all'articolo 644, definisce il reato di usura: "Chiunque... approfittando dello stato di bisogno di una persona si fa da questa dare o promettere, per sé o per gli altri, i corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, interessi o altri vantaggi usurai, è unito... ". Tre sono quindi gli elementi costitutivi dell'usura; 1)lo stato di bisogno del richiedente; 2) la consapevolezza da parte di chi concede il prestito di tale stato di bisogno; 3) gli interessi esorbitanti. Per quello che riguarda il primo punto c'è qualcuno che vorrà negare che quando un imprenditore o un artigiano o una persona che accende un mutuo per comprarsi una casa si rivolgono alle Banche siano in stato di bisogno? Se non lo fossero non ricorrerebbero al denaro altrui ma farebbero col proprio. Del resto la storia e la cronaca ci raccontano di imprenditori, grandi e piccoli, che sono stati strangolati dal sistema creditizio e di patrimoni di Banche che sono zeppi di case di poveracci che non sono riusciti ad estinguere il proprio mutuo. Forse che quando le banche concedevano prestiti all'ultimo Rizzoli o all'ultimo Gardini non gli stavano stringendo coscientemente un cappio intorno al collo con l'obiettivo di portargli via tutto? E questo ci porta diritto e di filato al punto due. La consapevolezza dello stato di bisogno altrui è insita nel fatto stesso che uno vada a chiedere un prestito, come ha riconosciuto, per il delitto d'usura, la Corte Costituzionale. Restano, a differenziare il prestito lecito da quello illecito, gli interessi esorbitanti. E qui sta il nocciolo di tutta la questione. Intere generazioni di giurisperiti e di studiosi del diritto si sono scervellati per cercare di stabilire quando un interesse può essere considerato esorbitante e non ne sono venuti a capo. Lo stesso Codice Penale è costretto ad una tautologia, a dire cioè che si ha delitto d'usura quando si chiedono "interessi usurai". E si capisce benissimo la ragione di questa difficoltà. Perché stabilire che dare denaro a prestito a certi interessi è legittimo, mentre darlo ad interesse più alto è reato. È come dire che rubare è lecito al di sotto di una certa cifra. E invece: o rubare è illecito sempre oppure non lo è mai, così come prestare denaro ad interesse è illecito sempre (come pensava San Tommaso e tutta la dottrina cristiana prima che nascesse lo Ior) o non lo è mai. Se si accetta il principio che è giusto remunerare il capitale e anche il rischio di colui che presta denaro, allora l'interesse chiesto dal cosiddetto usuraio non può mai essere esorbitante perché corrisponde puramente alle leggi di mercato, oggi tanto decantate. Il cosiddetto usuraio fa pagare di più semplicemente perché il rischio che corre è molto più alto di quello del cosiddetto banchiere poiché la persona che va a chiedergli quattrini è già stata considerata insolvibile, o quasi insolvibile, dal circuito ufficiale. Il tasso più elevato corrisponde ad un rischio più elevato e alle leggi del mercato. Se c'è qualcuno disposto a correre questi rischi altissimi in cambio di interessi altrettanto alti e qualcun altro disposto a pagarli non è forse questo quel famoso meccanismo del libero mercato che oggi (in cui tutti, anche gli ex comunisti, si dichiarano liberaldemocratici) viene considerato, più o meno come ai tempi di Ricardo e di Adam Smith, il supremo regolatore del bene comune e la fonte di ogni sano equilibrio economico? E allora, dopo averci impiccato col sistema bancario, che ci spolpa a poco a poco nell'eleganza ovattata degli istituti di credito e con l'avallo delle leggi, lasciateci almeno liberi di ricorrere agli strozzini. Costoro potrebbero addirittura essere considerati pietosi. Perché ti danno un briciolo di fiducia, ti concedono, sia pur a caro prezzo e per loro convenienza, (ma la convenienza, come ci hanno spiegato tutti gli utilitaristi liberali o pseudoliberali, da Stuart Mill fino a Salvatore Veca, non è forse il motore della "società giusta"?) un'ultima chanche là dove tutti gli altri, le persone perbene e quei ladri in guanti gialli chiamati banchieri, ti hanno schienato senza ombra di misericordia. Troppe volte sono salito a Campione, a farmi levar l'anima dai rapinatori autorizzati, e troppe volte ne sono disceso, dopo aver perso tutto e anche qualcosa di più, a firmare assurdi assegni postdatati in certi finti baretti che costeggiano il lago di Lugano (città che è l'emblema della rapina bancaria e legale) per non provare se non simpatia un certo senso di complicità con gli strozzini. Dove infatti il Casinò (cioè, per usare i vecchi termini, il sistema), mi rifiutava, con gelida eleganza, ogni ulteriore fido, reputandomi finito, gli strozzini davano almeno segno di avere una qualche fiducia nella mia possibilità di rifarmi. E così, non negandomi la speranza, avevano almeno l'aria di considerarmi ancora un uomo.

Massimo Fini

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Acquisti online, in arrivo nuove regole. Ecco cosa cambia per i consumatori

Pubblicato su da ustorio

Dal prossimo 13 giugno maggiore trasparenza e diritti per l'ecommerce che sia al telefono o al di fuori dei locali commerciali. Si allunga a 14 giorni il termine per esercitare il diritto di recesso, i contratti non potranno più essere attivati solo col consenso telefonico e stop alle commissioni extra

di Patrizia De Rubertis | 14 maggio 2014

Dal 13 giugno 2014 in tutta l’Unione Europea si applicheranno nuove regole in materia di diritti dei consumatori. Una normativa nel segno della trasparenza che dovrebbe dare una spinta all’e-commerce, vale a dire al commercio elettronico su Internet, al telefono o comunque al di fuori dei negozi.

La direttiva europea, entrata in vigore lo scorso 26 marzo (83/2011/UE), ha il chiaro obiettivo di dare delle regole universali e omogenee a tutta Eurolandia, offrendo maggiori garanzie su tutti i contratti a distanza con un controvalore superiore ai 50 euro che si tratti di libri, vestiti, scarpe, cosmetici, dvd o prodotti elettronici.

E l’esercito di quanti, comodamente seduti sul divano di casa, si dedicano allo shopping online è decisamente in crescita. In Italia – secondo l’indagine condotta da Human Highway per Netcomm – su 30,5 milioni di individui che compongono l’universo di Internet (sopra i 15 anni), 16,2 milioni hanno fatto un acquisto online negli ultimi 3 mesi, mentre quasi 11 milioni sono acquirenti abituali. Per un giro di affari che si aggira intorno ai 14 miliardi di euro. Del resto, affidarsi alla rete per fare acquisti oltre che comodo è anche più economico rispetto alle compere nel negozio tradizionale, riuscendo a trovare prodotti a prezzi più vantaggiosi.

Vediamo nel dettaglio le novità.
Più tempo a disposizione
I consumatori hanno più tempo per restituire un prodotto di cui non sono soddisfatti: 14 giorni contro i 10 previsti in precedenza. Mentre, dopo aver comunicato di voler restituire la merce, l’acquirente digitale ha altre due settimane a disposizione per spedirla. Il commerciante online, invece, dovrà rimborsare le somme di denaro entro 14 giorni dal giorno in cui ha ricevuto notizia dal cliente della restituzione della merce. Praticamente potrebbe essere costretto a rimborsare il dovuto anche se i prodotti acquistati non sono stati ancora recapitati. Inoltre, se il cliente non era stato informato dal venditore della possibilità di restituire la merce, non risulterà responsabile neppure di un eventuale danneggiamento o deterioramento dei prodotti mandati indietro.

Trasparenza spese
Il negoziante è obbligato a dichiarare i costi che il consumatore dovrà sostenere in caso di restituzione della merce. E se le spese non sono state palesate in anticipo, allora i costi di restituzione saranno a carico del venditore.

Fase precontrattuale
È richiesta la massima trasparenza da parte del venditore online che deve comunicare obbligatoriamente all’acquirente la propria identità e tutte le caratteristiche dei beni, il prezzo totale, il costo di spedizione, le modalità di pagamento e la durata della garanzia. Informazioni, che se dovessero mancare, darebbero un potere immediato di rivalsa al consumatore.

Restituzione merce
Dovrà essere indicata chiaramente la possibilità per il consumatore di restituire la merce, specificandone anche le modalità per esercitarla (condizioni, termini e procedure). Inoltre i venditori online hanno l’onere di dimostrare di aver rispettato tutti questi obblighi informativi.

Contratti a distanza
Cambiano le regole anche per le vendite a catalogo e telefoniche: prima di spedire un prodotto o abilitare un servizio, il venditore deve mandare un contratto in forma cartacea da far firmare al cliente. Solo allora la vendita potrà intendersi valida a tutti gli effetti. Ma, per evitare che questo obbligo disincentivi le vendite a distanza, l’Ue sta anche considerando l’introduzione di meccanismi di registrazione digitale certificata, come la firma elettronica.

Tariffe base per i numeri telefonici dedicati
Al consumatore non può essere imposto di pagare un costo superiore alla tariffa base della linea telefonica utilizzata dall’impresa per essere contattato dal consumatore per avere informazioni sul contratto concluso (a esempio numeri dedicati all’assistenza post-vendita). La tariffa base è stabilita da ciascun operatore telefonico in relazione alla linea utilizzata.

Maggiore protezione nell’acquisto di contenuti digitali
Per chi acquista contenuti digitali sono previste informazioni più trasparenti: il venditore dovrà chiarire eventuali limiti di compatibilità con i dispositivi hardware e software e gli eventuali limiti di riproducibilità dei contenuti stessi.

Sanzioni
Il commerciante che non rispetta le nuove regole andrà incontro a una sanzione che può oscillare da un minimo di 5mila euro (50mila euro in caso di gravi violazioni) a un massimo di 5 milioni di euro.

Al bando i trucchetti
Sul fronte dell’utilizzo delle carte di credito per gli acquisti online, la normativa prevede il divieto per i venditori di richiedere un sovrapprezzo a chi paga con determinate tesserine. Ad esempio, è il caso dell’acquisto dei biglietti aerei che prevedono un costo aggiuntivo se si paga con la carta di credito, rispetto alla carta elettronica. Ed è sempre vietato inserire nel sito web delle caselle pre-flaggate per vendere automaticamente anche altri beni o servizi, diversi da quello scelto dal consumatore. È il caso, per esempio, di certe coperture assicurative non richieste che i commercianti online cercano spesso di rifilare all’acquirente.

Su Internet,invece, oroscopi, ricette, suonerie e giochi elettronici non potranno più essere pubblicizzati come ‘gratis’, salvo poi nascondere costosi abbonamenti mensili o settimanali. I consumatori dovranno confermare esplicitamente di avere compreso che l’offerta è a pagamento. In caso contrario, il consumatore non è vincolato al contratto e, dunque, non è obbligato a pagare.

I contratti esclusi
Si tratta dei contratti: di credito al consumo, a distanza di servizi finanziari, multiproprietà, contratti stipulati con l’intervento di un pubblico ufficiale (tra cui i notai) e quello turistici.

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STOP AI CONTRATTI "FIRMATI" AL TELEFONO

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~~L’Antitrust ha recepito la direttiva europea in materia, che entrerà in vigore il 14 giugno: per stipulare qualsiasi accordo ci vorrà comunque il consenso scritto o elettronico. Regole più stringenti per l'ecommerce.

Stop a contratti stipulati al telefono quasi senza accorgersene. Presto, per dire di sì, ci sarà comunque bisogno della firma. L'Antitrust ha infatti recepito la direttiva europea in materia, che entrerà in vigore il 14 giugno. LA STRETTA SULL'ECOMMERCE Mai più sorprese anche per quanto riguarda le tariffe di gas e luce: le pratiche scorrette diventano competenza dell'Antitrust che può stangare chi sgarra con multe fino a 5 milioni di euro. Ma è sull'e-commerce che si concentra la stretta. Il settore è in crescita costante ma i sospetti degli italiani non sono ancora stati superati. I beni comprati in Rete, infatti, dovranno essere consegnati senza ritardi ingiustificati ed entro 30 giorni o il consumatore può recedere dal contratto. Per esercitare il diritto di rimborso, da giugno, arriva un modulo standard universale. Contemporaneamente, si allunga da 10 a 14 giorni il tempo a disposizione per cambiare idea nelle vendite a distanza. Il cliente deve ricevere il rimborso di quanto pagato entro 14 giorni. CAMBIANO ANCHE I SERVIZI AEREI Il giro di vite riguarderà anche i call center: le telefonate al servizio per l'assistenza non possono avere un costo superiore alla tariffa base della linea telefonica. Infine, spariscono i format pre-compilati per i servizi aggiuntivi: chi propone, per esempio, assicurazioni facoltative nel caso dei biglietti aerei, dovrà richiedere il consenso esplicito. Non basta permettere di rifiutarle, spiegano dall'Antitrust, va capovolto il meccanismo.

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Connessione lenta, basterà un clic per segnalarlo

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~~Da lunedì non saranno più necessari fax e raccomandate

~~Problemi di connessione lenta? Da lunedì prossimo risolvere il problema sarà più…veloce. L’Agcom ha introdotto nel sito www.misurainternet.it nuove procedure che consentono inviare i reclami tramite un semplice clic. Basta con le lungaggini e i costi di fax e raccomandate. Dal 7 aprile gli utenti potranno inviare il reclamo nell’area del sito apposita. Gli operatori se ne faranno immediatamente carico e provvederanno a risolvere il problema Per godere del servizio gli utenti dovranno registrarsi dopo aver installato il software Ne.me.sys, che darà loro riditto al certificato di qualità del loro accesso ad internet con valori inferiori a quelli promessi contrattualmente dall’operatore di telefonia fissa.

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Siamo sicuri dei farmaci che usiamo?

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Il più venduto è sempre il paracetamolo: 3.042.300 di confezioni ogni anno. Spesso autoprescritte. Poi la nafazolina, per liberare il naso. In farmacia cerchiamo soluzioni per tutti i mali spendendo 5 miliardi l’anno. Medicine essenziali, rimedi inutili e talvolta pericolosi, dietro il bancone c’è di tutto. Ma mancano i prodotti salvavita. Ecco i veri effetti delle cure spiegati dal ginecologo Salvo Di Grazia nel suo libro "Salute e Bugie" (ed. Chiarelettere)

di Chiara Daina | 22 febbraio 2014

Più informazioni su: Farmaci, Farmaci Generici, Farmacie, Malattie.

Siamo un popolo di malati immaginari. Ogni anno spendiamo 5,1 miliardi di euro in farmaci che non servono a curare delle patologie. Nella top ten dei più venduti al primo posto c’è il paracetamolo: 3.042.300 confezioni divorate nei primi sei mesi del 2013. Dosi da cavallo anche di nafazolina, un decongestionante nasale, secondo in classifica con 1.913.808 flaconi. Seguono fermenti lattici, gel antinfiammatori, analgesici (1.486.898 confezioni), lassativi e antinfiammatori per bocca (un milione e 300 mila). Per non parlare delle scorpacciate di pseudo toccasana.

Ventre piatto e piatto pieno
Pillole che fanno venire gli occhi di lince, il corpo agile senza cognizione di età anagrafica, il ventre piatto. Poi creme anti-buccia di arancia, per zigomi levigati, labbra salvagente, chiome folte su base extra glabra. Il resto della spesa, di un miliardo, lo paghiamo per i farmaci cosiddetti di fascia A, essenziali per le malattie croniche, e rimborsati dal Sistema sanitario nazionale con l’eventuale aggiunta di un ticket, da uno a 4 euro, che varia da regione a regione. Noi ci concentriamo sui primi, quelli più superflui, di cui le donne dai 15 ai 64 anni sono le prime consumatrici. Sbarco in farmacia, allora: il pianeta del superuomo. Uomo duracell, immortale Peter Pan, statua di carne scolpita, immune da tallone di Achille, stanchezza, virus e batteri. Illusione mastodontica dell’uomo che affida la sua salute allo spot pubblicitario e finisce per credere ai miracoli.

Blackout della scienza nel mirino di Salute e bugie (Chiarelettere, pagine 256), il libro in uscita il 6 febbraio firmato da Salvo Di Grazia, 46 anni, ginecologo, autore del blog Medbunker, una collezione di scomode verità nel campo medico e farmaceutico. Le bufale si sanno, ma non si vogliono ammettere. Fa piacere pensare che c’è un rimedio a tutto. “Di solito il medico accontenta il paziente”, Di Grazia lo dice fuori dai denti, “frastornato da slogan salvifici, arriva con la lista della spesa e pretende a ogni costo il benessere promesso”. Premessa: “Non voglio demolire né la scienza, né i farmaci. Sottolineo l’importanza di non abboccare ai falsi miti”. L’unico antidoto allora è informarsi. Se entri in farmacia il cerume nelle orecchie è un disturbo. Il farmacista ti suggerisce di ficcarti un cono giallo ocra, dai 4.50 euro ai 5, dentro l’orecchio e accendere l’estremità opposta per un pulito sicuro. “Il calore non può sciogliere il cerume ma il materiale del cono, simile alla cera, che può scivolare fino al timpano provocando danni”, spiega Di Grazia.

Braccialetti e mal di mare
Il terrorismo del mal di mare o d’auto ha lanciato sul mercato le fasce per i polsi. Valore 16.50 euro. Soldi buttati via. “Premono su un punto del polso che non c’entra col meccanismo della nausea”, continua il medico. E poi l’equilibrio: se manca, sei fritto. Quindi devi comprare il braccialetto dell’equilibrio, di gomma, che però dona un effetto placebo. Anche quelli di rame contro l’artrite: “Non scaricano energia negativa perché il rame non interagisce con il nostro fisico”. Quarto fenomeno “paranormale”: la spossatezza. Urge abbuffata di vitamine e integratori. Ce ne sono per l’uomo, la donna, l’anziano e il bambino. Per crescita,gravidanza, menopausa, sport e arrivo della primavera. Belle invenzioni. Ovviamente care: da due euro per una barretta. O carissime: dai 15 euro ai cento euro per bustine antiage. “Basta mangiare frutta e verdura di stagione per soddisfare il nostro fabbisogno vitaminico quotidiano. Le vitamine in eccesso non possono essere immagazzinate dalle cellule e sono eliminate con le urine. In certi casi il sovradosaggio è addirittura nocivo: troppa vitamina D fa aumentare la pressione, provoca nausea o debolezza”.

Impotenza sessuale da 40 euro
Quinto problema: l’impotenza sessuale, frequente tra i sessantenni (magari diabetici o con infiammazioni alla prostata), che partono alla caccia delle pillole blu o gialle, quelle di marca, da 40 euro. Oppure bianche, equivalenti, euro 11. Servono a dilatare i vasi sanguigni dell’organo sessuale. Sono efficaci, ma solo in chi ha problemi di erezione. Una fregatura è invece l’afrodisiaco naturale (fino a 30 euro), un multivitaminico con mini quantità di erbe amazzoniche o asiatiche con presunti poteri eccitanti. Per questo non serve la ricetta del medico. “Altro effetto placebo, il corpo assumendo la superpillola reagisce positivamente agli stimoli mentali. Ma chi soffre di problemi sessuali seri non può contare neanche su questo”.

Ennesimo spauracchio da impatto pubblicitario: rughe, cellulite, smagliature, pelle floscia. Allora via con le cazzuolate di creme (rosina, panna, bianche, trasparenti) da 60 euro a botta. O da 35. O da 20, ma mai sotto questa cifra in farmacia. Al supermercato costano meno della metà. L’effetto non cambia: ci sono creme più o meno idratanti. Stop. Non scaccia solchi sul viso o cuscinetti su cosce, glutei e fianchi. La nostra epidermide è una barriera, per fortuna. Vi immaginate se dovesse davvero assorbire tutto quello che entra in suo contatto? Lasciamo perdere.

Contro il panico da calvizie ma i capelli non ricrescono
C’è il panico da calvizie. La non malattia per eccellenza. Uomini mettetevi il cuore in pace: se il bulbo del capello è atrofizzato, non saranno certo ettolitri di fiale di minoxidil da 20 o 70 euro a risolvere il disagio (stimola la microcircolazione e basta). O brevetti stranieri che ti vengono venduti a centinaia di euro. Magari abbinati a uno dei venti shampoo a disposizione per la finzione e uno dei dieci tipi di compresse orali: pacchetto all inclusive di almeno 60 euro. “Ci sono prodotti che ritardano la caduta ma provocano effetti collaterali per il fegato o diminuiscono il desiderio erotico”.

Omeopatico non vuol dire sempre e solo naturale
L’omeopatia ha basi teoriche molto dubbie. Non va confusa con infusi o pasticche alle erbe (fitoterapia). “Quanti di voi sanno che in un rimedio omeopatico non c’è traccia del principio attivo che dice di ‘contenere’?”: domanda Di Grazia nel suo libro. Omeopatia significa che il simile cura il simile. Per esempio, la puntura dell’ape va guarita con il veleno dell’ape a patto che sia super diluito. Si parla così di “medicina ultradiluita”: il principio attivo subisce continui passaggi nell’acqua finché della sostanza originale non rimane più niente. Allora conta come la pozione magica delle streghe. Il medico fa un esempio: “L’Oscillococcinum, uno dei più noti rimedi omeopatici al mondo, pesa un grammo e contiene l’85 per cento di saccarosio e il 15 per cento di lattosio. Totale: 100 per cento di zucchero. Nessun trucco da parte dell’azienda produttrice: quel granulo è puro zucchero e costa pure mille euro al chilo”. La conclusione è intuitiva: “I prodotti omeopatici – dice l’autore – non guariscono da malattie serie come asma, crisi allergiche, bronchiti”. E la gamma dei 38 fiori di Bach per insonnia, claustrofobia, e di tutto? Parenti degli omeopatici, preparati all’istante dietro il bancone dal farmacista: da 15 euro.

Agopuntura e leggende metropolitane
Non è millenaria, è nata nella Cina di Mao Tse-tung per soddisfare la gente povera che non poteva pagarsi le cure occidentali. Oggi invece è una tendenza chic per gente benestante. Come funziona? “L’agopuntura – piega Di Grazia in “Salute e bugie” – si basa sul presupposto che ogni malattia è originata dallo squilibrio di presunte energie del nostro organismo. Per tornare in salute bisogna stimolare con degli aghi sottili i punti di agopuntura, che risiedono su linee immaginarie, i ‘meridiani’, che non esistono anatomicamente e non hanno un senso dal punto di vista medico: non ci sono infatti vasi sanguigni o fasci muscolari corrispondenti a quei punti”. Risultato: l’agopuntura può avere al massimo un effetto antidolorifico.

Si chiama dieta si legge lassativo
Con 1,80 euro, al massimo due, ti compri l’illusione di una barretta dietetica, di solito ricoperta di cioccolato, che ti aspetta in pole position alla cassa. Fino a 40 euro per le pillole brucia grassi: in realtà dei lassativi o dei diuretici a base di alghe che gonfiano lo stomaco con senso di sazietà. Fuori dalle farmacie di regimi dimagranti ce ne sono per tutte le nevrosi: da quella alle banane a quella legata al gruppo sanguigno. Perfino la dieta dei colori.

Il vaccino previene ma non è una cura
“Alcuni vaccini non sono per tutti – avverte il ginecologo – quello antinfluenzale è consigliato solo per certe categorie a rischio (cardiopatici e diabetici per esempio), perché l’influenza non è una malattia letale”. Nel 2013 si è vaccinato il 7,3 per cento della popolazione italiana, cioè il 15 per cento in meno rispetto a dieci anni fa. L’iniezione, sottocute e fai da te, vale 7/8 euro. Un errore frequente è considerare il vaccino una terapia anticancro. Salvo Di Grazia cita il caso della vaccinazione anti-Hpv (Human Papilloma Virus) spacciato contro il cancro del collo dell’utero. Falsità.

Il Fatto Quotidiano del Lunedì, 3 febbraio 2014

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PENTOLE, BIANCHERIE, DETERSIVI, MOBILI ED ELETTRODOMESTICI. ECCO COME IL REDDITOMETRO ENTRERÀ NELLE CASE PER CONTROLLARE LE VOSTRE SPESE.

Pubblicato su da ustorio

Il nuovo sistema di monitoraggio terrà in considerazione tutti gli aspetti della vita quotidiana. Diversi elementi verranno presi in considerazione per rilevare la reale capacità di spesa al fine di stanare gli evasori.

Redditometro. Cosa mai sarà? Si tratta di uno strumento utilizzato dal fisco per dare la caccia agli evasori. Tecnicamente è un metodo sintetico di accertamento. Dal confronto tra i redditi dichiarati dai contribuenti, tenore di vita, spese effettuate e beni posseduti, si cercheranno di individuare eventuali incongruenze. Il nuovo redditometro, che entrerà in vigore il prossimo anno, sarà molto più analitico. Saranno 100 le voci di spesa che prenderanno in considerazione tutti gli aspetti della vita quotidiana e riveleranno la vera capacità di spesa degli italiani. Questo nuovo sistema riesce a differenziare i contribuenti per varie categorie, aree geografiche e stato civile. Lo scopo è quello di determinare un reddito unitario da attribuire al contribuente, sulla base delle seguenti classi di elementi:spese certe, spese per elementi certi, spese per incrementi patrimoniali, quota di risparmio formata.

La proprietà immobiliare prima di tutto. Tra le molte voci di spesa, non mancheranno quelle riguardanti la proprietà immobiliare e la gestione della casa, anche se non sarà più un elemento prevalente. Probabilmente i più colpiti dal nuovo redditometro saranno gli acquirenti di immobili. Ma l'anomalia consiste nel fatto che lo strumento monitora le incongruenze nell'arco di un anno e inevitabilmente registrerà come una grossa irregolarità l'acquisto di un immobile senza tener conto della storia patrimoniale dell'acquirente. Di conseguenza, chi ha sottoscritto un mutuo, acquistato una casa o ricevuto immobili in eredità dovrà esibire al fisco tutti i documenti giustificativi (atti notarili, fatture dell'agenzia immobiliare, ecc.) se non vuole incorrere in problemi di natura fiscale.

Come funziona il Redditest? Il nuovo redditometro è già in uso in fase di sperimentazione presso le associazioni di categoria e gli ordini professionali attraverso il software denominato ReddiTest. Ovviamente questo nuovo strumento sarà attivato solo nel momento in cui il fisco individuerà delle incongruenze tra redditi dichiarati e spese effettuate. Sarà dunque una soglia di congruenza prestabilita a determinare il procedere o meno di controlli. E se un rischio lieve non comporta verifiche, uno medio (con uno scostamento di circa il 20%) attiva una fase di contraddittorio tra contribuente e amministrazione; un rischio alto dà luogo, infine, ad un controllo mirato e ad un vero e proprio accertamento.

Questa novità ha scatenato, non del tutto ingiustificatamente, un certo panico tra gli italiani. Tuttavia l'Agenzia delle Entrate ha ribadito che chi è in regola non ha nulla da temere.

Le categorie e le spese sotto la lente. Il nuovo redditometro si articola in diverse categorie e voci. In maniera sintetica, senza scendere in tecnicismi poco comprensibili, cerchiamo di analizzare quelle che ci riguardano più da vicino:

abitazioni: la disponibilità della casa di residenza potrà influenzare l'esito delle verifiche fiscali. In questa categoria vi rientrano tutte le spese strettamente connessa alla gestione di una casa (per esempio i collaboratori domestici);
investimenti mobiliari e immobiliari: interessano soprattutto le voci fabbricati e terreni;
canoni di locazione: se si possiede una seconda casa, data in locazione, i canoni percepiti saranno computati per la determinazione del reddito complessivo;
consumo dell'acqua e spese condominiali: queste rientrano tra le “spese per elementi certi”. Il fisco presume che chi è in possesso di un immobile debba sostenere delle spese per abitarlo e per mantenerlo. Per tali ragioni tutte le spese che ruotano intorno alla casa potranno essere prese in considerazione per valutare se il reddito percepito può considerarsi congruo o meno al tenore di vista sostenuto;
spese sostenute per la manutenzione della casa: si parte dal dato medio mensile del contribuente (secondo l'area geografica e la tipologia familiare), lo si divide per 75 metri quadrati e poi lo si moltiplica per il numero di metri quadrati della casa che si abita, sia essa di proprietà o in affitto. Il valore finale va messo in rapporto alla quota e al periodo di possesso nel corso dell'anno considerato dal fisco;
mobili ed elettrodomestici connessi alla abitazione. i controlli verranno effettuati secondo la media Istat di riferimento (area geografica di residenza e tipologia familiare di appartenenza) moltiplicati per il numero di casa in proprietà o locazione, rapportando il valore finale alla quota e al periodo di possesso nel corso dell'anno.
biancherie, detersivi, e pentole: rientrano nella voce altri beni e servizi per la casa verrà calcolata in base alla media Istat verrà rapportata al numero di case di proprietà e affitto.
Si valuta che i contribuenti che cadranno sotto la lente del redditometro non saranno più di 35 mila. Ma non partiamo con il piede giusto visto che dall'esame delle dichiarazioni dei redditi relative all'anno d'imposta 2008 è stata rilevata una discordanza tra il tenore di vita mostrato e quanto dichiarato nell'ordine del 74,6%. Fortunatamente, grazie al parere emanato dal Garante della Privacy, i controlli non potranno essere “selvaggi” ed indiscriminati ma sarà utilizzato solo in caso di evasione "spudorata" e, ad ogni modo, ampio spazio sarà garantito alla fase di contraddittorio con il contribuente. A questo proposito, visto l'alto grado di “intrusività” dello strumento, il Garante per la Privacy ha messo in guardia l'Agenzia Entrate: le spese medie ISTAT sono legittimamente utilizzabili in sede di applicazione del redditometro soltanto ai fini del calcolo delle spese connesse ad elementi certi e non per determinare i “consumi correnti”. Il Garante in realtà si preoccupa che le richieste di chiarimenti circa il proprio stile di vita possa violare la privacy del contribuente.

Fonte: CondominioWeb.com

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Arriva la tassa sui telefonini

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Aumenti fino al 500% rispetto all’imposta attuale al momento dell’acquisto di qualsiasi strumento tecnologico con memoria interna

Una nuova tassa sta per abbattersi sull’hitech. A essere colpiti saranno smartphone, tablet, computer fissi e mobili. Ma anche chiavette Usb, hard-disk esterni, Tv con funzione di registratore e decoder. In pratica tutti i dispositivi elettronici che funzionano da archivi digitali. Uno sgradito balzello (vedi tabella), ancora una volta a carico degli utenti finali. Andrebbe da 5,20 euro per i nuovi smartphone e tablet che acquisteremo in futuro, fino a toccare 40 euro per i decoder con memoria interna da 400 GB. Dunque una cifra che peserà maggiormente sui dispositivi low cost. Una manovra maldestra che potrebbe indebolire i prodotti di fascia bassa. Non solo. Da notare che la tassa, incidendo sul prezzo finale dei prodotti, è gravata della nuova aliquota Iva al 22%. Il termine “burocratese” con cui si definisce è: «Rideterminazione dei compensi per copia privata». Tuttavia al ministro Massimo Bray, responsabile del ministero dei Beni, Attività culturali e Turismo, spetta l’ultima decisione e al momento ha bloccato la tassa in attesa di sentire tutte le parti in causa per poi decidere. (Leggi l’articolo intero sul Corriere)

Tabella: come cambieranno gli importi con l’entrata in vigore del Decreto Ministeriale

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TARIFFA DI RETE D1 PER L’EFFICIENZA ENERGETICA

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Nuova tariffa di rete D1 per l’efficienza energetica13/01/2014

di Alfredo Pesce


L'Autorità per l'Energia (AEEG) ha approvato,con la Delibera 607/2013/R/eel del 19 dicembre 2013, l’introduzione della cosiddetta tariffa ‘’D1’’ la nuova tariffa di rete per i consumi ad alta efficienza, che risulterà svincolata dal volume dell’energia elettrica utilizzata e più aderente agli effettivi costi dei servizi di rete: il trasporto, la distribuzione e la gestione del contatore.

Questa nuova impostazione tariffaria rientra in un pacchetto di aggiornamento complessivo delle tariffe di trasmissione e distribuzione previsto per il 2014; la finalità è allinearsi alle normative europee e nazionali in virtù della delibera 204/2013 che prevede l’avvio di una riforma tariffaria che agevoli il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica, dell’impiego di fonti rinnovabili e della eliminazione dei sussidi incrociati, oltreché favorire la diffusione delle tecnologie innovative quali, ad esempio, le pompe di calore, le piastre ad induzione, i veicoli elettrici.

La nuova tariffa sarà costante, a prescindere dai consumi, e potrà essere applicata alle forniture di energia elettrica sia con contratti di mercato libero sia di maggior tutela per l’abitazione di residenza; questa tariffa verrà applicata, a livello sperimentale e su base volontaria, ai clienti domestici che hanno deciso di riscaldare la propria casa utilizzando esclusivamente pompe di calore.

L’enorme potenziale di efficienza e risparmio energetico conseguibile mediante l’impiego di pompe di calore elettriche ha fatto sì che la tecnologia assumesse, negli ultimi anni, un ruolo determinante in quasi tutta Europa, meno che in Italia dove, il costo eccessivo dell’energia elettrica, ne ha scoraggiato l’impiego e la diffusione. È ben noto che le pompe di calore risultano sempre convenienti: innanzitutto oltre che a fornire calore, possono dare anche raffrescamento, dunque far risparmiare sull'eventuale acquisto e/o utilizzo di un condizionatore; in secondo luogo, la pompa di calore elettrica è ancora più conveniente nel caso la si abbini ad un impiantofotovoltaico, consentendo di massimizzare l'autoconsumo dell'elettricità prodotta.

Ricordiamo che attualmente, per via di una politica energetica relativa alle utenze domestiche, legata ancora a tariffazioni imposte nel periodo post crisi energetica del 1973, una famiglia tipo deve sorbirsi un surplus del 35% circa in bolletta per i servizi di rete e, per chi consuma tanto, queste possono salire fino al 48% della spesa; in più i servizi di vendita riferiti al prezzo dell’energia elettrica consumata, arrivano al 50% circa della spesa totale.

Va detto che la normativa italiana prevede che le abitazioni climatizzate da pompe di calore possano usufruire di un secondo contatore in parallelo dedicato con tariffa lineare per usi diversi, BTA. Non sempre però la richiesta della seconda presa risulta tecnicamente fattibile ed economicamente sostenibile per l’utente finale. In ragione di ciò, l’AiCARR (Associazione Italiana Condizionamento dell'Aria Riscaldamento e Refrigerazione) al fine di non declassare le pompe di calore (tecnologia che utilizza fonte rinnovabile) rispetto a energie rinnovabili quali ad esempio il solare fotovoltaico, ha proposto l’installazione, dietro incentivo, di un secondo contatore per le pompe di calore, una tariffazione dedicata e una riduzione degli oneri generali (voce di spesa in bolletta) con l’eliminazione della componente A3.

Ricordiamo che questa componente è destinata a promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate mediante un sistema di incentivi che garantiscono una remunerazione certa per l'energia prodotta e agevolazioni per l'allacciamento degli impianti alle reti. Il sistema degli incentivi prevede che l'energia elettrica generata dagli impianti che ne hanno diritto, sia acquistata dal Gestore del Sistema Elettrico (GSE), a condizioni economiche incentivanti per l'impresa produttrice: la differenza tra i costi sostenuti dal GSE per l'acquisto di questa energia e i ricavi ottenuti dallo stesso GSE per la sua rivendita agli operatori grossisti del mercato, è coperta dai proventi della componente A3.

Condominio Web
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Se il pesce mangia plastica (e poi l’uomo mangia il pesce)

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Nuovo allarme per i rifiuti di plastica che navigano negli oceani

Nuovo allarme per i rifiuti di plastica che navigano negli oceani: alle Hawaii i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte dei pesci predatori la ingeriscono e ciò potrebbe avere ripercussioni anche sulla salute dell’uomo che li mangia.

L’equipe di ricerca ha analizzato il contenuto dello stomaco di diverse centinaia di pesci nel corso degli ultimi sei anni, scoprendo rifiuti di plastica in sette specie di predatori su dieci. Non tutti, pero’, sono colpiti dal ”fenomeno” allo stesso modo: i ricercatori hanno infatti trovato plastica nel 19% dei pesci catturati. La specie con la maggiore quantità presente nello stomaco è l’Opah, conosciuto anche come pesce luna, mentre altre specie quantitativamente piu’ numerose sono risultate meno esposte. Tra queste anche i tonni.

Nonostante gli effetti dell’ingestione di plastica sulla salute di questi pesci predatori – e poi sugli esseri umani che consumano il pesce – restino ancora incerti, i risultati dello studio non lasciano dubbi sulla gravità del fenomeno: ”i pesci lungo tutta la catena alimentare ingeriscono nel corso della loro vita una qualche forma di inquinamento da plastica”, rilevano i ricercatori americani.

Il problema non e’ pero’ limitato solo all’oceano Pacifico.

Recentemente un rapporto dell’agenzia federale dell’Ambiente tedesca e della Commissione Ue, ha reso noto infatti come tre quarti della spazzatura che si trova in mare sia plastica, tra cui soprattutto teli, buste e cassette per il pesce di polistirolo. Ovviamente dal fenomeno non si salva neanche il Mediterraneo in cui, come riporta lo stesso studio, la quota di rifiuti di plastica presenti supera l’80%. Qualche anno fa Legambiente aveva addirittura lanciato l’allarme per la creazione nel Mare Nostrum, al largo dell’Isola d’Elba, di una vera e propria isola di rifiuti di plastica che non aveva ”nulla da invidiare” alla più nota Pacific Trash Vortex oceanica.

La presenza di rifiuti di plastica in mare non incide solo sullo sfruttamento di pesce come risorsa alimentare per l’uomo. In particolare nel Mediterraneo una ricerca dell’Università di Siena ha fatto notare che micro particelle di plastica – con uno spessore di meno 5 millimetri, derivate dalla degradazione di rifiuti plastici – interferiscono con le capacità riproduttive delle balenottere.

Ed ecco come conclude la rivista Focus:

Tranci avvelenati

Siamo così arrivati all’uomo, in cima alla catena alimentare: da tempo le agenzie per la protezione ambientale avvertono di non esagerare con il consumo di grandi pesci predatori, come il tonno o il pesce spada. E non solo perché così facendo contribuiremmo all’overfishing (un’eccessiva e irrazionale attività di pesca che impoverisce le risorse ittiche dei mari), ma anche perché queste creature, nutrendosi di pesci più piccoli, assumono grandi quantità di inquinanti (tra questi anche il mercurio, molto diffuso nel Mar Mediterraneo).

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