Cloud e virtualizzazione: come cambierà l'end user computing
Introduzione
8 aprile 2014: è questo il giorno in cui Microsoft cesserà tutte le attività di supporto ufficiale al sistema operativo Windows XP. Entro questa data tutte le aziende che ancora oggi si affidano a questo sistema operativo dovranno obbligatoriamente aver completato la migrazione verso una nuova piattaforma: un processo complesso che richiede ingenti attività di pianficazione nonché investimenti numericamente rilevanti. Molte delle aziende che ancora basano la propria infrastruttura IT su Windows XP si troveranno proprio in questi anni a dover decidere come proseguire il proprio cammino nell'ambito dell'End-User Computing (EUC): si tratta di un grosso nodo da sciogliere, poiché rappresenterà il modo in cui le aziende forniranno gli strumenti tecnologici ai propri lavoratori.
Nel corso degli ultimi anni si sono infatti affermati nuovi e diversi paradigmi tecnologici che hanno messo sempre più decisioni da prendere dinnanzi ai dipartimenti IT delle aziende. Molti utenti si aspettano di lavorare (o lo richiedono) con dispositivi multipli, la globalizzazione e la connettività hanno portato ad una "dispersione" della forza lavoro che il progresso delle tecnologie mobile provvede a riconnettere e a far collaborare. Adesso esistono il cloud e la virtualizzazione, con piattaforme ed applicazioni che possono essere distribuite e centralizzate, senza che l'utente possa percepire la differenza rispetto ad un ambiente di lavoro più "tradizionale".
Questa situazione porta ad una reale esplosione nelle possibilità di scelta, che di norma rappresenta una buona cosa. Ma così non è, dal momento questo mare di possibilità genera confusione e fa emergere numerose domande alle quali l'IT deve essere in grado di rispondere: gli utenti divengono più esperti e sofisticati, quanto e che tipo di supporto hanno bisogno? Possono e dovrebbero lavorare con i propri dispositivi e le proprie applicazioni? Come si concilia questo con i dati sensibili? Quali sono i nuovi rischi collegati a queste nuove tendenze? Quanto controllo deve avere l'IT nel rendere disponibili queste tecnologie agli utenti-dipendenti?
Si evince pertanto che l'end-user computing non è più un processo lineare di aggiornamento e sostituzione, come è stato fino ad ora, ma diventa un vero e proprio percorso attraversato da molteplici alternative. Alternative che spesso appaiono essere complesse e divergenti e per questo motivo ogni azienda si trova nella situazione di dover capire quale strada seguire e in quale momento, per ciascun gruppo di lavoratori. Ma questo è possibile ad una sola condizione: sapere quale sia la destinazione.
Quando si parla di virtualizzazione e cloud, che rappresenteranno i punti fermi sui quali si poggerà l'evoluzione dell'End-User Computing, non si può non trascurare la posizione di una realtà che attualmente detiene l'85% del mercato mondiale della virtualizzazione: VMware. E' Brian Gammage, Chief Market Technologist dell'azienda statunitense, che illustra quale sia la visione dell'azienda nell'ambito dell'End-User Computing, cercando di prevedere in che modo le aziende dovrebbero pianificare il proprio percorso per individuare in che modo affrontare i propri investimenti. Gammage sottolinea un concetto che deve essere tenuto presente per tutta la durata della fase evolutiva: l'End-User Computing non riguarda la tecnologia ma riguarda il modo in cui gli utenti lavorano tramite la tecnologia. E' per questo che decisioni sbagliate rischiano di ostacolare la produttività e la capacità di crescita di un'azienda.
Comprendere il punto di partenza
Per affrontare il viaggio di trasformazione è necessario anzitutto capire quale sia il punto di partenza. L'attuale fotografia, però, non è particolarmente allegra: i dipartimenti IT delle aziende si trovano sotto il fuoco incrociato di tutti gli altri dipartimenti, con richieste di ogni natura e con il problema di dover spesso riuscire a conciliare esigenze tra loro contrastanti. I dipartimenti IT si trovano spesso tra l'incudine ed il martello: utenti che si lamentano, insoddisfazioni dal business, la leadership che vede l'EUC come un costo invece che come un insieme di asset di valore. Soggiogato da quattro forze (il budget, la compliance, il business, gli utenti), l'End-User Computing si trova invischiato in un circolo vizioso.
Il budget
Attualmente l'End-User Computing rappresenta in media il 25%-40% del budget stanziato da un'azienda per l'IT. Purtroppo, però, gran parte di questi costi sono di tipo operativo e cioè impiegati per il mantenimento, il supporto e le operazioni degli asset esistenti: si tratta, in altre parole, di denaro speso restare fermi e e non per sviluppare nuove funzionalità o per incrementare la produttività.
Ogni progetto per sviluppare nuove capacità è di norma pachidermico, consuma molte risorse e coinvolge gran parte della forza lavoro. Si tratta, in genere, di progetti che vengono compresi nel processo di aggiornamento e rinnovo come può essere la migrazione di un sistema operativo o l'aggiornamento di infrastrutture hardare. Dal momento che le funzionalità EUC sono altamente integrate, è difficile distinguere i risultati provenienti dalle nuove capacità e quelli derivanti dagli investimenti del rinnovo. Ne consegue una percezione per la quale i soldi spesi per l'EUC non portino alcun ritorno. In altre parole l'EUC viene visto come un mero costo e non come un investimento: è questa percezione che porta le aziende a ridurre le spese destinate all'End-User Computing.
La compliance
I dispositivi ed il software EUC sono pieni di vulnerabilità che le aziende faticano a tamponare o, in ogni caso, vanno a risolvere a posteriori. Del resto è difficile poter prevenire rischi che non si è in grado di percepire: l'anno in corso ha visto numerosi episodi che hanno messo in discussione la sicurezza informatica, non da ultimo gli episodi di cosiddetto "hactivism". La perdita di dati riservati, magari appartenenti ad un cliente di un'azienda, possono causare un danno d'immagine per l'azienda stessa, nonché comportare pesanti e costosi strascichi legali. Si tratta di rischi reali che vanno via via crescendo. A partire da questa considerazione e ricollegandosi al discorso fatto poco sopra, si evince che il calare della spesa e la crescita dei rischi non fanno che incrementare ancor di più i rischi per dollaro speso: una dinamica che che porta alla naturale reazione di standardizzare e chiudere gli ambienti operativi. E' un tradizionale modus operandi che viene visto come l'unica strada per gestire questo tipo di rischi.
Il business
La standardizzazione e la chiusura causa, per molte aziende, un conflitto diretto con le esigenze del business. E' molto difficile affrontare i cambiamenti per un ambiente desktop standardizzato e chiuso e di norma ogni eventuale cambiamento coivolge un elevato numero di utenti. Cresce la complessità ed il costo di completamento di eventuali fusioni ed acquisizioni aziendali, così come l'apertura di nuove sedi ed anche la normale routine di amministrazione del turnover della forza lavoro e della crescita. Un approccio di questo tipo non permette la giusta flessibilità e la mancanza di flessibilità è un ostacolo alla scalabilità del business. Nel business una costante è il cambiamento, e per questo gli utenti business sono spesso insoddisfatti. La naturale risposta è quella di ridurre gli strumenti a disposizione: se pare che ciascun utente stia portando un fardello, perché non renderlo più piccolo?
Gli utenti
Questo approccio significa però offrire meno a ciascun utente e quindi spingersi in direzione opposta aquelle che sono le aspettative dell'utente. E' il potere della cosiddetta consumerizzazione: gli utenti si aspettano di avere a disposizione strumenti più capaci, che di norma utilizzano già privatamente. Gli utenti sanno come possono fare per lavorare meglio e cercano di arginare i controlli per assicurarsi di poter fare ciò, anche "arrangiandosi". E' a questo punto che l'EUC sembra essere meno rilevante, tale da sollevare l'ovvia domanda: "perché ci si spende così tanto?". Ed il circolo si reinnesca.
Una spirale che necessita di una via di uscita prima che si riavvolga nuovamente. Molte aziende, come detto in apertura, si trovano o si troveranno presto nella situazione di pianificare gli investimenti per affrontare la prossima migrazione tecnologia: è il momento ideale per trovare una strada che interrompa il circolo vizioso
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Individuare il punto di arrivo
Fotografato il punto di partenza, è quindi opportuno determinare quale voglia essere il traguardo al fine di poter definire al meglio il percorso che connetta i due punti. Secondo Gammage sono le nuove possibilità offerte dalla tecnologia che dovrebbero suggerirci quali sono gli obiettivi da raggiungere, partendo da un'ulteriore considerazione: attualmente sono i dispositivi che usiamo ed i sistemi operativi a vincolare le operazioni ed il supporto per l'End-User Computing. In altre parole i dispositivi e i sistemi operativi ci distraggono da ciò che ha davvero importanza, ovvero le persone, le applicazioni ed i dati a supporto del processo di business. Il Chief Market Technologist di VMware suggerisce cinque obiettivi che nell'arco del prossimo lustro dovrebbero porsi le aziende che intendono migliorare il proprio ambiente EUC:
-Rifocalizzarsi sugli
utenti, sulle applicazioni e sui dati: i dispositivi ed i sistemi operativi devono essere relegati ad un ruolo di supporto.
-L'ambiente operativo deve essere più facile e meno costoso da gestire.
-Offrire un miglior supporto al business nel rapporto con il mondo esterno
-Aiutare gli utenti a lavorare in maniera produttiva venendo loro incontro per qualunque esigenza e con qualunque possibile scelta dei dispositivi che utilizzano
-Incrementare il livello di controllo, di verifica e di gestione del rischio.
Sono obiettivi di spessore, ma tutti raggiungibili e necessari poiché riguardano la produttività del primo asset di ogni azienda: le persone. Paradossalmente si tratta di obiettivi che sarebbero molto più semplici da raggiungere se le aziende avessero la possibilità di ricominciare da zero con la riprogettazione di un nuovo EUC. Ovviamente la vera sfida è quella di riuscire a centrare gli obiettivi senza fare terra bruciata ed interrompere il lavoro e la produttività dei lavoratori.
In ogni azienda vi sono numerose applicazioni EUC e molte di queste sono dipendenti dal sistema operativo in uso (che nella stragrande maggioranza dei casi è proprio Windows). Le applicazioni tendono ad avere lunghi cicli di vita e a ramificare molte interdipendenze, sia tecniche, sia di business: alcune applicazioni, in special modo quelle sviluppate internamente, hanno un ruolo chiave nell'interconnessione di sistemi o domini di business. Le aziende dovranno pertanto mantenere il sistema operativo desktop in uso per supportare le applicazioni fino a quando ne avranno bisogno. Un approccio di rimpiazzo completo non è un'opzione considerabile dal momento che queste applicazioni potranno solamente essere sostituite in itinere nel corso del tempo.
Si tratta di un processo che alcune realtà hanno già intrapreso: alcune delle nuove applicazioni sono server-based o web-based e la periodica necessità di migrare sistema operativo suggerisce di preferire applicazioni che siano neutrali al sistema operativo e al browesr. E' un processo lento: il punto di pareggio tra applicazioni desktop e applicazioni "neutrali" arriverà nel corso del 2012 ma bisognerà attendere fino al 2017 prima che si arrivi ad un 30%, che di norma è la soglia sotto la quale molte aziende accelerano il processo di sostituzione. Tutte queste considerazioni significano che le applicazioni Windows-based ed il sistema operativo continueranno a giocare un ruolo chiave negli ambienti EUC per molto tempo a venire, probabilmente almeno fino alla fine di questo decennio.
Un processo lungo e complesso, da riuscire ad innestare nella prossima attività di migrazione, ma con il fine ultimo di semplificare e rendere più flessibile l'ambiente operativo. Secondo la visione di VMware si tratta di un percorso da affrontare in tre diverse fasi, in maniera graduale: partendo dalle applicazioni, passando dal cloud ed infine abbandonando quando possibile l'ambiente desktop tradizionalmente inteso.
Prima fase: revisione delle applicazioni
Come già sottolineato in precedenza, le aziende dovrebbero riuscire ad impiegare la prossima ondata di investimenti EUC per semplificare e migliorare ciò di cui dispongono ora. Per molte realtà questo dovrà accompagnare la migrazione a Windows 7. E' essenziale, in questa fase, essere in grado di comporre un punto della situazione che sia obiettivo, realistico e dettagliato, per capire quale sia il punto di partenza e quali siano i cambiamenti che è necessario effettuare.
E' opportuno pensare con lungimiranza: dove gli utenti lavoreranno e si muoveranno, che genere di controllo deve essere dato sulle applicazioni che useranno, con chi lavoreranno e come. Di pari importanza, in questa fase, è la capacità di slegarsi da quell'approccio di "standardizzazione" cui si faceva riferimento in precedenza: un approccio alla "one size fits all" seguito in passato ha portato ad un'inefficienza diffusa poiché in questo modo nessuno può avere gli strumenti corretti per poter lavorare. A questo è indispensabile aggiungere le considerazioni sulle esigenze dell'azienda: che elasticità è necessaria affinché i lavoratori siano in grado di supportare la crescita del business e gli obiettivi di trasformazione? Quale genere di livello minimo deve essere stabilito per prestazioni, disponibilità e sicurezza?
Una volta fatto il punto della situazione, la prima area di intervento sono le applicazioni, in maniera tale che ci si possa preparare alla migrazione del sistema operativo. In questi casi le operazioni sono piuttosto dispendiose, in quanto la migrazione di un sistema operativo implica un lavoro di repackaging e testing di tutte le applicaizoni prima di passarle sulla nuova piattaforma. Le aziende hanno a disposizione tre strade: riconfezionare le applicazioni che non hanno alcun problema con il nuovo sistema operativo, sistemare e riadattare quelle applicazioni che presentano qualche piccolo problema e, infine, scartare e sostituire in toto tutte quelle applicazioni che presentano problemi più complessi.
E' in questa fase che ci si può appoggiare alla virutalizzazione, specie per quelle applicazioni che possono essere migrate senza problemi. Dal momento che un'applicazione virtualizzata opera nel proprio ambiente isolato da altre applicazioni e disaccoppiato dalla configurazione del sistema operativo, l'applicazione risulta essere molto più portabile, semplificando le operazioni e permettendo di risparmiare risorse. I risparmi sono immediati, dal momento che un'applicazione virtualizzata non necessita di test. In pochi casi, tuttavia, sarà possibile virtualizzare l'intero parco di applicazioni (per via di dipendenze incrociate, accesso diretto a driver specifici), motivo per il quale per un certo periodo di tempo l'azienda dovrà essere in grado di far coesistere applicazioni virtualizzate e applicazioni native: in questo frangente è essenziale però che tutto possa essere gestito in maniera omogenea e con i medesimi strumenti, altrimenti si andrebbe in direzione opposta alla semplificazione e al risparmio.
Approccio differente, invece, per quelle applicazioni che devono essere sostituite: in questo caso un atteggiamento di lungimiranza è quello di scegliere soluzioni che non richiedano lo stesso livello di attenzione nel caso di una futura migrazione del sistema operativo. In altri termini è opportuno orientarsi in direzione si soluzioni cosiddette "neutrali" al sistema operativo, come applicazioni web-based (in questo caso senza dipendenze da browser) e formule di Software-as-a-Service. Lavorare in questo modo sulle applicazioni permetterà di effettuare una profonda revisione di tutto il parco degli applicativi, permettendo di individuare eventuali ridondanze o intuilità che possono così essere eliminate.
E' a questo punto che un'azienda può pensare di iniziare ad introdurre i desktop virtuali per i propri lavoratori, sempre facendo attenzione che essi possano essere gestiti con le policy aziendali già esistenti. Bisogna sempre ricordare, infatti, che lo scopo di tutto il percorso è quello di arrivare ad una semplificazione e non di introdurre ulteriore complessità.
Seconda fase: l'introduzione del cloud
Portata a compimento la prima fase, le aziende dovrebbero poi cercare di focalizzarsi sulla realizzazione (o adozione) di una piattaforma di servizi cloud (pubblico, privato o ibrido) e, come già detto più volte in precedenza, allargare le policy aziendali alla gestione di questa piattaforma. Secondo la visione di Gammage, in questo modo le aziende potranno gestire le risorse desktop e le risorse cloud mediante gli stessi processi e gli stessi strumenti, in maniera tale che esse appaiano come una singola entità.
Inizialmente la piattaforma cloud funzionerà come una sorta di "hub" per l'accesso alle applicazioni cloud e SaaS, ma le sue funzionalità potranno via via crescere con lo spostamento di sempre più applicazioni e servizi EUC dal desktop al cloud. Nel momento in cui si è stabilita la piattaforma cloud e ad essa sono state estese le policy aziendali, è possibile decidere che cosa e in quale momento delle applicazioni e dei servizi esistenti possono essere spostati nel cloud, mentre tutte le nuove applicazioni introdotte dovrebbero essere già nativamente rese disponibile tramite la piattaforma di servizi cloud, così come lo sviluppo in-house delle applicazioni dovrebbe avvenire su piattaforma cloud.
In questo modo si può preparare la strada per estendere funzionalità e servizi del desktop (reale o virtuale che sia) al cloud, in maniera tale che servizi, applicazioni e contenuti possano essere accessibili da qualunque dispositivo, specialmente da smartphone e tablet. E' a questo punto che l'azienda sarà riuscita a smeplificare il processo di inserimento delle nuove applicazioni e a raggiungere l'indipendenza dai dispositivi.
Nel momento in cui la piattaforma cloud è stata resa pienamente operativa con le caratteristiche fin qui citate, le aziende potranno immediatamente realizzare una serie di benefici: le applicazioni SaaS potranno essere aggiunte facilmente al parco esistente, le applicazioni possono essere rese istantaneamente disponibili agli utenti, così come la gestione dei diritti di accesso può essere gestita in maniera molto più agevole. Il paradigma SaaS consente inoltre di non avere costi nascosti: questa caratteristica, assieme alla dettagliata reportistica dell'uso permetterà finalmente all'azienda di disporre di un elemento che è mancato nel mondo EUC fino ad ora: il diretto collegamento tra costi e risultati.
E' a questo punto che la percezione degli investimenti effettuati nell'end-user computing inizierà a cambiare, permettendo di accelerare con gradualità la fuga dal circolo vizioso cui si faceva riferimento in precedenza. La possibilità di collegare direttamente costi e risultati permette infatti di dimostrare i benefici ottenuti e in questo modo gli investimenti effettuati nell'EUC possono essere correlati con i fatturati invece di essere considerati un mero costo.
Questa nuova situazione consente inoltre di affrontare ogni evoluzione in maniera estremamente modulare, così che gli investimenti possano essere correttamente bilanciati con le risorse a disposizione: è un approccio che va in direzione diametralmente opposta a quella dei pachidermici progetti cui si faceva riferimento qualche pagina addietro. L'eliminazione della complessità porterà anche ad una flessione nei costi operativi, che saranno sempre più determinati dall'utilizzo degli strumenti e sempre meno dal mantenimento e dal supporto
Terza fase: l'abbandono del desktop
La terza e ultima fase dell'itineriario elaborato nella visione di VMware consta più di un processo di graduale iterazione dei passi fin qui compiuti, allo scopo di ridurre via via la dipendenza dal desktop e dal sistema operativo e per continuare ad ottenere risparmi nei costi operativi.
Secondo Gammage questa fase potrà verificarsi nel corso della seconda metà di questo decennio e rappresenterà il completamento della fuga verso il cloud: è a questo punto che i servizi cloud diverranno il principale spazio di lavoro attraverso il quale è possibile accedere al desktop, come fosse un qualsiasi altro servizio. Il tradizionale ambiente desktop esisterà solamente per supportare l'onda lunga delle applicazioni legacy dell'azienda.
Una volta che il passaggio verso il cloud sarà completato, a seguito della sostituzione in itinere di tutte le applicazioni OS-dependant con le alternative cloud-based, l'azienda potrà liberarsi del sistema operativo desktop. Alla fine di questa fase le aziende avranno completato il lungo viaggo del rinnovamento dell'ambiente EUC, potendo così concentrarsi meglio sull'utente, sulle applicazioni e sui dati, grazie ad una enorme semplificazione dell'ambiente operativo e della sua gestione.
L'utente si troverà così ad aver a che fare non più con un desktop tradizionalmente inteso, ma con uno spazio di lavoro che darà accesso a tuti i servizi necessari. Ancor più importante, si tratterà di uno spazio che potrà essere accessibile da qualunque posto ci si trovi e con qualunque dispositivo. Uno spazio di lavoro che sarà controllato tramite le policy aziendali, che oltre a determinare l'accesso alle applicazioni potranno definire le capacità d'uso in maniera dinamica, a seconda dei permessi, della localizzazione e del contesto di utilizzo.
La conclusione del percorso
Secondo VMware un percorso così strutturato permetterà di trasformare radicalmente l'ambiente operativo, andando a risolvere quei punti critici che abbiamo evidenziato in apertura e investendo l'EUC del ruolo che realmente dovrebbe avere: il principale strumento di supporto ed esecuzione dei processi di business.
Anzitutto l'end-user computing sarà visto dal business non più come un ostacolo al cambiamento, alla crescita e alla trasformazione. La semplificazione nella gestione e la rimozione della complessità consentirà di portare a termine in maniera più rapida eventuali operazioni di fusione e acquisizione, l'apertura o la chiusura di sedi e uffici potrà essere condotta a costi inferiori e, aspetto molto più importante, il ritorno dell'investimento potrà finalmente essere misurato in maniera diretta. Il nuovo ambiente consentirà un controllo più granulare, con un incremento diretto nella sicurezza e nella verifica delle attività degli utenti.
Gli utenti stessi potranno disporre di una maggior flessibilità per lavorare con dispositivi e applicazioni che preferiscono, ma dovranno tener presente che le migliorate capacità di controllo potranno consentire di ottenere metriche più precise sul livello di produttività tra le varie alternative. Gli utenti potranno avere maggior voce in capitolo nelle decisioni che riguardano gli strumenti che usano per lavorare, partecipando in maniera più democratica alla vita dell'azienda.
I dipartimenti IT saranno riusciti a scappare dal circolo vizioso nel quale si trovano intrappolati oggi: costi per utente significativamente ridotti e una maggiore attenzione, invece, ai benefici che possono apportare al business. Non da ultima una maggiore flessibilità anche per loro, che li mette nella condizione di poter soddisfare in maniera molto più semplice le numerose richieste.
In ultima analisi, il "computing" passerà in secondo piano, poiché l'attenzione si sarà spostata sugli utenti, sulle applicazioni e sui dati. Le applicazioni saranno accessibili ovunque e da qualunque dispositivo, ma il dipartimento IT potrà disporre di un controllo molto più stretto sulle modalità d'utilizzo degli strumenti. Si gestirà meno e si gestirà meglio, con una grande semplificazione degli strumenti di supporto.