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La caduta degli SMS: cosa sta cambiando

Pubblicato su da ustorio

Durante le ultime festività sono calati, per la prima volta, gli sms: per una rivoluzione che arriva, un'altra se ne sta andando in soffitta.

 

Ne stanno parlando il New York Times e Forbes come fosse un affare di stato e tutto sommato hanno qualche ragione di alzare il volume sul tema: per la prima volta in alcuni paesi – ma non gli Stati Uniti – si è registrato un calo degli sms durante Natale e Capodanno. Il mondo sta trovando un altro modo per farsi gli auguri, insomma. E non solo.

 I dati sorprendenti di uno dei pionieri del text messaging, la Sonera (finlandese) stanno suggerendo agli analisti che il calo degli sms rispetto a Twitter e ai servizi alternativi di alcuni smartphone che permettono messaggi instantanei gratuiti sia più veloce del previsto: in un solo anno si sono persi due milioni di messaggi nella terra che 15 anni fa anche per ragioni geografiche aveva investito molto su questa tecnologia.

Il processo sembra talmente geometrico che qualcuno azzarda il medesimo crollo dello short message system di anno in anno nei diversi paesi del globo a seconda di quando il sistema è entrato in vigore. Così, se Finlandia oppure Hong Kong stanno già vedendo il tramonto dell’sms, negli USA, dove sono diventati popolari circa due anni dopo, si pensa che crolleranno definitivamente tra il 2012 e il 2013. E così via. Tra pochi anni non ci sarà più nessuno che manderà “Buon Anno!” con un sms collettivo, pagando pure per farlo, ma scriverà #BuonAnno sul suo smartphone sapendo che lo leggeranno tutti i suoi followers e gli amici sui social, e questo gli basterà.

Insomma, se fosse una questione matematica basterebbe aggiungere 15 anni all’anno del boom degli sms in una tale nazione per avere l’anno in cui la curva del grafico, per la prima volta, andrà giù. Ma i social network, catalizzatori del cambiamento, sono anche acceleratori di questo fenomeno, quindi in caso di coesistenza tra sistemi, ad esempio l’est europa dove tutto è arrivato in pochi anni, il crollo avverrà in anticipo.

Questa è una lezione molto importante per affinare il nostro concetto di obsolescenza tecnologica: essa è molto diversa da quella programmata tipica dei prodotti dell’era industriale, perché non è prevedibile. Questo comporta due effetti: investimenti maggiori nella ricerca di mercato – perché i clienti dell’era della comunicazione globale sono meno fedeli – ma anche la consapevolezza che è molto più facile perdere grandi somme di denaro. Basti pensare che al momento gli sms rappresentano il 20% del fatturato dei grandi vettori mondiali. Una perdita secca in un giro di tempo così breve metterà a rischio altri posti di lavoro.

Fonte: Forbes
Via 
Bits - New York Times

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Beidou, operativo il GPS cinese

Pubblicato su da ustorio

Il nuovo network di navigazione satellitare ideato da Pechino entra in piena fase operativa. Per ora serve la sola regione cinese, ma presto conquisterà il mondo, con tanto di SMS gratuiti

 

Dopo anni di attesa è finalmente operativo il network Beidou, alternativa per la navigazione e il positioning satellitari realizzato dalla Cina con ambizioni globali. Beidou si pone come sostituto cinese alla rete statunitense GPS, ma al momento è in grado di servire bisogni esclusivamente regionali.

L'operatività della seconda generazione del network Beidou è stata annunciata con
comprensibile fanfara dalle autorità di Pechino, fase intermedia di un cammino iniziato nel 2000 con il primo "demo" del network satellitare e che ora è in grado di fornire servizi di geolocalizzazione "accurati" e impermeabili alle avverse condizioni ambientali a una regione che comprende Cina, Asia e Australia.

Al momento il network si compone di 10 satelliti in piena operatività, la "base" del sistema Beidou che col tempo si estenderà fino a raggiungere la capacità di una copertura globale entro il 2020. A quel punto il network offrirà i propri servizi agli utenti dell'intero Pianeta con tanto di messaggi testuali gratuiti (SMS) per i dispositivi che saranno in grado di utilizzarlo.

 

La Cina entra dunque a pieno titolo nel mercato della geolocalizzazione, sfidando lo storico e malandato GPS ma anche le new entry europea (Galileo) e russa. Gli americani, neanche a dirlo, sarebbero impensieriti: fonti non confermate parlano di membri del Pentagono estremamente preoccupati per la sicurezza dei satelliti GPS e di future "guerre stellari" all'orizzonte tra Nordamerica e Asia.

 

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Italiani, navigatori senza rete

Pubblicato su da ustorio

A internet preferiscono ancora il telecomando e il telefonino. E nonostante la crescita della diffusione di PC, per la banda larga sono ancora il fanalino di coda d'Europa

 

 L'ultimo rapporto ISTAT "Cittadini e Nuove tecnologie"evidenzia qualche passo avanti dell'Italia per quanto riguarda la diffusione di PC, Internet e Banda Larga. Ma, nonostante questo, si tratta di un Paese che resta ancora indietro rispetto alla media europea. 

Rispetto al 2010 cresce lievemente la quota delle famiglie in possesso di un PC (dal 57,6 al 58,8 per cento), e un po' di più quelle che hanno l'accesso a Internet (dal 52,4 al 54,5 per cento) e quelle con una connessione a banda larga (dal 43,4 al 45,8 per cento): numeri comunque non eccezionali, soprattutto se si guarda al resto d'Europea.

Considerando, infatti, le famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 74 anni che possiede un accesso a Internet da casa, a fronte di una media europea pari al 73 per cento, l'Italia si posiziona solo al ventiduesimo posto, con un valore pari al 62 per cento ed equivalente a quello registrato per la Lituania. Le 
maggiori differenze si possono individuare tra nuclei con capofamiglia operai o dirigenti: 24 i punti percentuali di distinzione a favore di questi ultimi. Fattore di spinta per la connessione di un nucleo familiare è poi soprattutto la presenza di almeno un minorenne: di queste famiglie è l'84,4 per cento ad avere un PC, il 78,9 ad avere accesso a Internet e il 68 connessione a banda larga.

Le famiglie delle regioni del Centro e del Nord Italia si confermano maggiormente connesse: il 61 per cento di queste hanno un PC e il 56 una connessione Internet (e il 49 la banda larga), rispetto al 53 per cento delle famiglie del Sud che hanno un PC, il 48,6 con una connessione e appena il 37,5 con banda larga. Anche guardando solo alla frazione delle famiglie con minorenni, tuttavia, i numeri per quanto positivi e in miglioramento stonano ancora con i numeri del televisore (che ha una penetrazione del 96) e del digitale terrestre che, nonostante sia arrivato da poco, è già presente nel 67 per cento delle case: queste due tecnologie insieme al cellulare (che ha un tasso di penetrazione del 91,6 per cento) rappresentano ancora incontrastate i device tecnologici maggiormente apprezzati dagli italiani. 

Diversi i motivi che tengono gli Italiani lontani dalla Rete: "Il 41,7 per cento delle famiglie - si legge nel Rapporto ISTAT - dichiara di non possedere l'accesso a Internet perché non ha le competenze per utilizzarlo; il 26,7 per cento considera Internet inutile e non interessante, il 12,7 per cento non ha accesso a Internet da casa perché accede da un altro luogo, l'8,5 per cento perché considera costosi gli strumenti necessari per connettersi e il 9,2 per cento perché ritiene eccessivo il costo del collegamento".

Per quanto riguarda invece chi utilizza Internet, negli ultimi tre mesi costoro hanno utilizzato la Rete prevalentemente per spedire o ricevere email (80,7 per cento) e per cercare informazioni su merci e servizi (68,2), ed è cresciuta rispetto al 2010 la quota di coloro che usano Internet per leggere news o giornali online (più 7 punti percentuali). 

In generale nel 2011 il 53,8 per cento ha consultato un wiki per acquisire informazioni, il 48,1 per cento ha creato un profilo utente, inviato messaggi o altro su Facebook o Twitter. I social network sono stati poi utilizzati anche come strumento di informazione e comunicazione su temi sociali o politici (22,8 per cento). Minoritario, ancora, l'utilizzo del Web per partecipare a consultazioni o votazioni su problemi sociali o politici, come ad esempio per firmare una petizione (8,6 per cento), o per partecipare a network professionali come LinkedIn e Xing (8,3).

 

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Decreto Salva Italia: ma quale semplificazione privacy?

Pubblicato su da ustorio

di A. Lisi e G. Garrisi (www.studiolegalelisi.it) - Semplificazione? Nel Decreto "Salva Italia" gli adempimenti in materia di privacy rimangono tutti in vigore per imprese e PA, con qualche evidente peggioramento

 

"Niente più privacy nella PA e nelle imprese! Non si applica più il Codice privacy e tutto si semplifica! Attentato-privacy per enti pubblici e società!" si è letto di tutto in questi ultimi giorni in merito alle innovazioni contenute nel decreto "Salva Italia" e molti commentatori,salvo rare eccezioni, pur di divulgare per primi l'ultima novità, hanno inseguito i titoloni dei giornali senza fermarsi a meditare sulla reale portata di questa riforma oggi in vigore. Ebbene sì, è giusto dirlo subito: non cambia nulla, ma proprio nulla per imprese e PA in termini di adempimenti privacy, anzi, con quest'ultima riforma si blocca anche qualche pericolosa, precedente tendenza verso la selvaggia semplificazione. Molti hanno divagato spensieratamente sulla nuova definizione di dato personale, senza rendersi conto nella maggior parte dei casi che la nozione di titolare del trattamento dei dati personali non è cambiata e per i titolari imprese e PA non è, quindi, cambiato nulla! 
Ma andiamo con ordine e proviamo a fare un minimo di necessaria chiarezza.

Il c.d. Decreto "Salva Italia" previsto dalla manovra Monti (Decreto Legge 6/12/2011 n. 201, in G.U. 6/12/2011 n. 284, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici) ha introdotto alcune modifiche sostanziali al Codice Privacy.
A un primo sguardo sembrerebbe trattarsi di un semplice allineamento della normativa italiana a quella europea, che già vede al centro della tutela della riservatezza l'interessato inteso solo nella sua accezione di "persona fisica", attribuendo a quest'ultimo il diritto a un corretto trattamento dei dati personali che lo riguardano da parte di terzi (siano essi persone fisiche, giuridiche, enti o associazioni).
In realtà, le implicazioni sono di maggiore portata e degne di un commento un po' più approfondito. Ma proviamo a capire di cosa si tratta esaminando il testo della riforma. 

L'
art. 40 del Decreto, infatti, prescrive:

Per la riduzione degli oneri in materia di privacy sono apportate le seguenti modifiche al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196:
a) all'articolo 4, comma 1, alla lettera b), le parole "persona giuridica, ente o associazione" sono soppresse e le parole "identificati o identificabili" sono sostituite dalle parole "identificata o identificabile".
b) All'articolo 4, comma 1, alla lettera i), le parole "la persona giuridica, l'ente o l'associazione" sono soppresse.
c) Il comma 3-bis dell'articolo 5 è abrogato.
d) Al comma 4, dell'articolo 9, l'ultimo periodo è soppresso.
e) La lettera h) del comma i dell'articolo 43 è soppressa"
.

Da quanto sopra si evince che è considerato dato personale "qualunque informazione relativa alla persona fisica" e, quindi, non più i dati relativi a società, enti o associazioni. Stessa cosa dicasi per la definizione di interessato, identificato oramai solo con la persona fisica a cui si riferiscono i dati personali.
A ben vedere - e come già in precedenza anticipato - da queste prime modifiche emerge un dato non trascurabile: tra le definizioni che sono state modificate resta immutato il concetto dititolare del trattamento. Infatti, il titolare è sempre la "persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione o organismo a cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza". La conseguenza immediata pertanto è che, nonostante l'intervenuta modifica, le imprese e gli enti dovranno continuare ad adottare tutte le prescrizioni e gli adempimenti previsti dal 
d.lgs. 196/2003, compreso il DPS e le prescrizioni contenute nei vari provvedimenti dell'Autorità Garante, emanati per regolamentare specifici casi (tali soggetti, infatti, continueranno inevitabilmente a trattare dati personali di persone fisiche o soggetti terzi come dipendenti, clienti, fornitori, cittadini, pazienti, per i quali la normativa in materia di privacy dispone una tutela completa).

Ma c'è di più: è stato abrogato, infatti, il comma 3-bis dell'art. 5 del Codice Privacy(introdotto dal recente "Decreto Sviluppo", D.L. n. 70/2011) che prevedeva addirittura l'esclusione dall'applicazione del Codice Privacy qualora il trattamento dei dati personali fosse effettuato da persone giuridiche, imprese, enti o associazioni nell'ambito di rapporti intercorrenti tra i medesimi soggetti esclusivamente per finalità amministrativo-contabili.
Altro che semplificazione! L'unico articolo che poteva davvero semplificare, infatti, è stato abrogato dal legislatore, quasi a voler ribadire con forza che la privacy e tutti i suoi adempimenti si continueranno ad applicare per tutti i titolari del trattamento (siano essi persone fisiche, giuridiche, enti o associazioni).
La privacy - ci sembra giusto ricordarlo - non deve, infatti, essere intesa solamente come riservatezza o diritto a non veder trattati i propri dati, ma come adozione di una serie di cautele tecniche, organizzative e di sicurezza che tutti (imprese ed enti compresi) devono rispettare per procedere in maniera corretta al trattamento dei dati personali e delle informazioni in genere (e, quindi, anche di titolarità di terze persone fisiche, giuridiche o enti).

D'altronde proprio in questo periodo, con una Circolare del 3 agosto 2011, l'Agenzia delle Entrate ha avviato una serie di controlli e verifiche nei confronti degli intermediari Entratel (commercialisti e soggetti intermediari), dettando altresì una serie di regole e di misure (fisiche e organizzative) per tutelare la riservatezza degli interessati (clienti, dipendenti, fornitori di beni e servizi). 

Per altro verso anche l'appena riformato 
Codice dell'Amministrazione Digitale ha introdottonotevoli misure di sicurezza tecnologiche e organizzative (si pensi all'art. 50-bis sulla "continuità operativa" o ai rinvii alle varie norme del Codice Privacy agli artt. 44 e 44 comma 1-bis o 51, che richiamano espressamente i principi di sicurezza e gli adempimenti in materia privacy di cui al d.lgs. 196/2003) che non avrebbero più senso se intendessimo l'attuale riforma del Codice Privacy come un semplice alleggerimento degli adempimenti per le persone giuridiche e gli enti.

Pertanto, se anche la finalità dichiarata poteva forse essere quella della riduzione degli adempimenti burocratici (e noi abbiamo comunque dubbi in proposito), il risultato ottenuto va nella direzione opposta: infatti, se il riferimento a persone giuridiche ed enti rimane nella definizione di "titolare" e "abbonato" (continuando, ad esempio, questi ultimi a essere tutelati e protetti in tema di telemarketing), di semplificazione non c'è traccia. 
L'unico risultato oggettivo, piuttosto, è che imprese ed enti non avranno più la possibilità di esercitare i diritti di cui all'art. 7 del d.lgs. 196/2003 e di far valere tali diritti in un eventuale contenzioso giudiziario (es. richieste di risarcimento danni) o dinanzi all'Autorità Garante, in quanto non possono più essere considerati "interessati al trattamento". Imprese, enti o associazioni potranno solo essere chiamati in causa quali semplici convenuti, in qualità di titolari o responsabili del trattamento, senza poter essere soggetti attivi e poter tutelare le proprie ragioni.

In conclusione, sicuramente imprese ed enti saranno meno tutelati (in quanto persone giuridiche) dalla normativa in materia di privacy, ma dal punto di vista organizzativo e delle misure di sicurezza non cambia assolutamente nulla ed essi dovranno comunque preoccuparsi di adottare e rispettare i consueti adempimenti in tema di misure minime, necessarie e idonee. 
Quale impresa o pubblica amministrazione, infatti, può affermare di non trattare dati di "persone fisiche"? Oppure potrà, forse, un'impresa o un ente che si avvale di servizi di conservazione digitale o di cloud computing prescindere dal regolamentare col suo fornitore di servizi il rispetto delle condizioni di sicurezza e privacy solo perché si tratta di un rapporto tra persone giuridiche? Evidentemente no e c'è da scommettere invece che il Garante Privacy vigilerà in maniera ancora più rigorosa sul rispetto dei provvedimenti e delle regole a tutela dei dati, delle informazioni e della riservatezza degli interessati. 

Avv. Andrea Lisi e Avv. Graziano Garrisi

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Tecnologia nell’impresa: la fotografia dell’ISTAT

Pubblicato su da ustorio

Nove aziende su dieci hanno una connessione veloce, due su tre un proprio sito web. L'ICT nelle imprese italiane è una realtà consolidata.


L’ultimo rapporto Istat sulle statistiche strutturali delle imprese dicono che siamo a un passo dalla saturazione: nove aziende su dieci hanno una connessione a banda larga e due su tre un proprio sito. Informazione interna, comunicazione, gestione, interazione, sono demandate sempre più all’Information Tecnology.

Tutte le voci di un’attività d’impresa sono ormai a pieno titolo informatizzate anche in Italia, paese notoriamente in difficoltà con le architetture dell’informazione. Il ritardo – che pure esiste – nella diffusione delle connessioni veloci non ha impedito alle imprese italiane, secondo il rapporto pubblicato oggi dall’Istat, di completare un percorso che si avvicina ormai alla saturazione almeno in termini quantitativi.
Le cifre parlano chiaro, anche se sono sempre da interpretare secondo il doppio binario accesso/reale sfruttamento: l’88,3% delle aziende è connesso a Internet tramite banda larga fissa o mobile, ma il 73,3% di queste viaggia comunque a velocità inferiori a 10 Mbit/s. Il 62,6% delle imprese dispone di un sito web, solo il 35% di questi ultimi fornisce un servizio di interazione con l’utente e soltanto il 10% fornisce servizi più approfonditi quali la personalizzazione del prodotto o la tracciabilità dei pagamenti. Così come più della metà utilizza i servizi informativi online dalla Pubblica Amministrazione, ma di contrasto solo il 39,3% ha inviato a sua volta alle P.A. moduli compilati online (come dichiarazioni, IVA, eccetera).

Insomma, le imprese italiane ci sono, ma ora devono raggiungere l’eccellenza. Va considerato il fatto che la peculiare parcellizzazione industriale del nostro modello produttivo si fa sentire, visto che tra azienda medio-grande e piccola impresa c’è ancora un divario importante per quanto riguarda la vendita online (solo il 5% del fatturato totale, quasi tutto merito di imprese editoriali e alberghiere) e le procedure amministrative. E nel Belpaese si contano proporzionalmente molte più aziende familiari e sotto i 15 dipendenti che nel resto d’Europa.

L’indagine, infatti, è stata condotta attraverso un questionario armonizzato a livello europeo, dove emergono tutte le nostre caratteristiche. La più specifica è probabilmente la difficile convivenza di fattori contradditori: l’interazione elettronica incentivata dalla burocrazia, ma poi la difficoltà di svolgimento della procedura, oppure la sua dispendiosità in termini di tempo. Per non parlare del fatto che alcune procedure elettroniche richiedono ancora il successivo invio di documenti cartacei o la presenza fisica.

Una buona notizia, infine, per la green tecnology: quasi un’impresa su due ha adottato tra 2010 e 2011 pratiche di risparmio energetico. Al primo posto proprio chi si occupa di tecnologia dell’informazione, seguita dal settore dell’energia (fornitori di acqua, gas, gestione dei rifiuti).

Fonte: Tecnologie dell'informazione e della comunicazione nelle imprese (PDF)

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UE, un piano per i dati aperti

Pubblicato su da ustorio

Annunciata una strategia che dovrebbe fruttare all'Europa 40 miliardi di euro all'anno. Nella primavera del 2012 verrà inaugurato un portale per i dati aperti

 

Roma - Trasformare in oro i dati delle pubbliche amministrazioni. È il nuovo obiettivo della Commissione Europea nella già nota Agenda Digitale, una strategia sui dati aperti che dovrebbe garantire all'economia del Vecchio Continente un contributo da 40 miliardi di euro all'anno. Un piano per per sfruttare al meglio "il corposo volume di informazioni raccolte da numerosi servizi e autorità pubblici".

Il 
piano strategico annunciato dai commissari d'Europa seguirà tre strade o direttrici: in primis, "mettendo gratuitamente a disposizione del pubblico il patrimonio di informazioni grazie a un nuovo portale di dati". In secondo luogo, verranno create tra i vari stati membri "condizioni eque di concorrenza in materia di accessibilità dei dati". 

L'Unione Europea metterà infine in dotazione 100 milioni di euro da erogare nel biennio 2011-2013, in modo da finanziare la ricerca volta a migliorare le tecnologie di gestione dei dati. Il tutto passerà per un significativo aggiornamento della direttiva del 2003 sul riutilizzo delle informazioni.

Come? Innanzitutto "generalizzando la norma secondo cui tutti i documenti messi a disposizione dal settore pubblico possono essere riutilizzati per qualsiasi scopo, commerciale o non commerciale, se non sono tutelati dal diritto d'autore di terzi". I vari enti pubblici non potranno poi addebitare costi superiori a quelli necessari per soddisfare una singola richiesta di dati.

Il portale 
annunciato è attualmente in versione beta, pronto ad essere pienamente operativo nella primavera del 2012. "Una volta a regime - si spiega - il portale fungerà da punto di accesso unico ai dati riutilizzabili messi a disposizione da tutte le istituzioni, organismi e agenzie dell'Unione Europea e dalle autorità nazionali".

"Oggi inviamo un forte segnale alle amministrazioni: i dati in vostro possesso aumenteranno di valore se messi a disposizione del pubblico - ha spiegato il commissario all'Agenda Digitale Neelie Kroes - Quindi, cominciate a diffonderli fin d'ora, utilizzando il quadro elaborato dalla Commissione per unirvi ad altri leader intelligenti che hanno già cominciato a sfruttare le potenzialità dei dati aperti".

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Manovra Monti, rivoluzione della privacy per imprese ed enti

Pubblicato su da ustorio

- Il dato personale diventa proprio solo delle persone fisiche, non più delle persone giuridiche. Che restano però "abbonati". Cosa cambia in ambito telemarketing?

Stupore, e sconcerto. Questi i sentimenti che in chi scrive ha suscitato la Manovra Monti per ciò che attiene alla privacy, la cui disciplina è stata oggetto di una vera e propria rivoluzione. Stupore, perché, dopo le recenti modifiche apportate al Codice della privacy per effetto del Decreto Sviluppo, detti interventi sono giunti inaspettati. Sconcerto, in quanto, sotto un profilo strettamente giuridico, desta non poche perplessità il fatto che il nuovo assetto sia stato disegnato da uno strumento, quale il "decreto-legge", che il Governo (cui non appartiene la funzione legislativa, la quale, come noto, è esercitata dalle Camere) può utilizzare solo in casi straordinari di necessità ed urgenza, non presenti nel caso di specie in relazione alla privacy.

La modifica è conseguita ad una sola previsione, ma di portata dirompente. Facciamo chiarezza, ripercorrendone, anzitutto, il dato normativo.

La Manovra Monti, all'art. 40, comma 2, così recita:

"2. Per la riduzione degli oneri in materia di privacy, sono apportate le seguenti modifiche al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196:

a) all'articolo 4, comma 1, alla lettera b), le parole "persona giuridica, ente od associazione" sono soppresse e le parole "identificati o identificabili" sono sostituite dalle parole "identificata o identificabile".

b) All'articolo 4, comma 1, alla lettera i), le parole "la persona giuridica, l'ente o l'associazione" sono soppresse.

c) Il comma 3-bis dell'articolo 5 è abrogato.

d) Al comma 4, dell'articolo 9, l'ultimo periodo è soppresso.

e) La lettera h) del comma i dell'articolo 43 è soppressa."

Già ad una prima lettura si percepisce quella che è la novità di maggior impatto: la nozione di "dato personale", perno della disciplina di cui al Codice della Privacy, si depotenzia, essendo detta relativa alle sole persone fisiche (e non, come in passato, anche alle persone giuridiche, enti o associazioni).

Va da sé che la modifica si riverbera anche sulla definizione di "interessato", che ora può essere solamente una persona fisica.

 

Da quanto precede, consegue che la persona giuridica (sia essa una società, un ente o un'associazione) fuoriesce del tutto dalla disciplina-privacy in quanto soggetto da tutelare, e ciò a prescindere dal fatto che il trattamento dei dati personali avvenga per finalità amministrativo-contabili, o meno (in relazione a quest'ultimo aspetto si noti che, coerentemente, il comma 3-bis dell'art.5 è stato abrogato).

Come rilevato in precedenza, trattasi di una rivoluzione.

Ciò, tuttavia, non significa che le imprese possano disattendere le indicazioni del Codice della privacy e del Garante per la protezione dei dati personali, poiché esse trattano, e continueranno a trattare, anche dati di persone fisiche.

Come non significa che la persona giuridica scompaia dal Codice della privacy. Il riferimento alle persone giuridiche, enti od associazioni, infatti, continua ad essere incluso nella definizione, tra le altre, di "abbonato". Ciò comporta che, in forza del combinato disposto degli articoli 129 e 130 del Codice, il telemarketing su elenchi continua a ricevere protezione ai sensi della disciplina privacy.

Non vengono meno, peraltro, anche altre tutele per gli abbonati, tra cui quelle dettate dall'art. 122 e seguenti del Codice.

Sul fatto che quanto appena riferito discenda da una scelta consapevole, e non sia, piuttosto, frutto di una svista nella redazione del provvedimento, pare lecito nutrire dubbi. Sfugge, infatti, la ragione per la quale la persona giuridica, la cui tutela in punto privacy esce non poco affievolita dalla Manovra Monti, conserva intatte le proprie prerogative relative allo status di abbonato e, in particolare, in tema di telemarketing.

A maggior ragione se si considera che, ai sensi dell'art. 130 del Codice, che disciplina le "comunicazioni indesiderate", ora le persone giuridiche, gli enti e le associazioni possono, per esempio, essere destinatari di campagne di e-mail marketing e di fax marketing ancorché non vi abbiano prestato consenso.

Pare opportuno, infine, intervenire sull'art. 141 del Codice, in tema di tutele dinnanzi al Garante, che la norma riserva all'interessato, al fine di consentire che anche le persone giuridiche possano avervi accesso (si pensi all'ipotesi in cui una società, nominata responsabile del trattamento, abbia interesse a rappresentare all'Authority la relativa designazione come non conforme a legge).

 

Avv. Luca Giacopuzzi (Studio Legale Giacopuzzi)

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maschietti, attenti al WiFi.

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Dopo la puntata di Report, in cui è stata evidenziata la pericolosità delle radiazioni emesse dai cellulari, un’altra cattiva notizia arriva dall’Argentina, dove un gruppo di ricercatori ha dimostrato che la connessione WiFi di un notebook può avere effetti nocivi sulla fertilità maschile.

Lo studio, pubblicato sulla rivista medica Fertility and Sterility, è stato condotto su un campione di sperma appartenente a 29 uomini sani con un’età media di 34 anni. Una parte dello sperma è stato posizionato sotto un notebook collegato ad Internet mediante rete WiFi, mentre l’altra metà è stato tenuto lontano dal computer.

Dopo quattro ore, i ricercatori hanno verificato che il 25% degli spermatozoi vicini al notebook non si muoveva più, mentre il 9% presentava danni al DNA. Solo il 14% degli spermatozoi tenuti a distanza, invece, erano inattivi e mostravano pochi danni al DNA. Le onde elettromagnetiche emesse dal WiFi possono provocare un aumento della temperatura dell’organo riproduttivo maschile e ridurre la qualità dello sperma.

Questo risultato suggerisce quindi di evitare l’uso del portatile sulle ginocchia, anche se alcuni urologi sono convinti che le cause dell’infertilità siano da ricercare altrove, ad esempio in una cattiva alimentazione e in uno stile di vita sbagliato.

 

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Italiani: oltre 3 ore al giorno davanti a pc, tv o radio

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Radio, che primeggia su tutti, televisione e computer con annessa connessione ad internet. Sono questi i mezzi di comunicazione con i quali gli italiani si informano o si divertono. Il dato emerge da unaricerca  C.A.T.I. di DigiCamere in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano su un campione di 600 italiani provenienti dai comuni di Milano, Roma e Napoli. Da questa ricerca affiora che,delle cinque ore libere giornalieretre ore e dieci minuti, sono dedicate all'informazione ed all'intrattenimento reperiti attraverso l'uso di tv, radio e computer.

D'altronde la Lombardia presenta sul suo territorio il 10,8% del totale delle imprese che operano nella vendita e nella fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi (elaborazione Camera di Commercio su dati Registro Imprese al III trimestre 2011). Sono1.107 , infatti, le aziende attive in Lombardia, su un totale di 10.263 italiane, con prevalenza a Milano(442), Brescia (166) e Varese (92). In Italia 194aziende si occupano della fabbricazione di apparecchi trasmittenti radiotelevisivi, 9.745 operano nel commercio al dettaglio in esercizi non specializzati di computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici e 324 nel commercio al dettaglio di apparecchiature audio e video in esercizi specializzati.

L'interscambio commerciale di apparecchiature per le telecomunicazioni tra cui i televisori ha raggiunto quota (Elaborazione Camera di commercio di Milano su dati Istat 2011 al II trimestre) 3,9 milioni di euro circa di cui 2.589.118.088 euro di import e 1.309.336.849 di export. La Lombardia ha fatto registrare 744.465.099 euro di export di cui il 39,2% realizzato da Milano, il 33,5% da Monza e Brianza ed il 16,8% da Lodi.

Intanto, una normativa europea ha predisposto una nuova etichettatura energetica per gli apparecchi televisivi che porti ad un sistema di etichettatura che uniformi i dati informativi sui prodotti così da far migliorare l'efficienza energetica nel settore della fabbricazione degli apparecchi tv ed orientare anche i consumatori alla scelta del prodotto più efficiente dal punto di vista energetico riducendo così i consumi di elettricità. Sulla base di queste novità, nei giorni scorsi ANDEC, d'intesa con AIRES ed ANITEC e in collaborazione con la Camera di commercio di Milano, ha organizzato un momento informativo dal titolo: "La nuova etichettatura energetica per gli apparecchi TV".

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AGCOM: così l’Italia costruirà la propria rete

Pubblicato su da ustorio

L'AGCOM ha approvato un nuovo regolamento per arrivare in modo efficiente ad una rete di nuova generazione coordinando gli investimenti sul territorio.



L’AGCOM ha approvato nelle ultime ore il nuovo «Regolamento in materia di diritti di installazione di reti di comunicazione elettronica per collegamenti dorsali e coubicazione e condivisione di infrastrutture». Trattasi di un passaggio fondamentale ai fini della costruzione di una rete di nuova generazione, poiché detta le regole con cui l’infrastruttura prenderà forma nel futuro prossimo.
Il primo punto di intervento previsto dal provvedimento concerne «la definizione di linee di indirizzo per l’accesso, da parte degli operatori, alle infrastrutture pubbliche utili alla realizzazione di reti di comunicazione elettronica sia per le reti dorsali dei collegamenti a lunga distanza, sia per le reti d’accesso in ambito cittadino». Si indica pertanto una linea definitiva di indirizzo sulla quale basare l’impegno dei privati nel comparto. Il secondo punto è relativo invece alla «definizione di obblighi di condivisione, tra operatori, delle loro infrastrutture per la realizzazione di reti di nuova generazione». L’intento è chiaro: se già è difficile costruire una rete, sovrapporne varie sarebbe inutile, deleterio e particolarmente oneroso. Per questo motivo imporre la collaborazione tra i privati significa stimolare gli investimenti ed impedire dinamiche concorrenziali controproducenti.

Punto tre: l’AGCOM regolamenta altresì l’istituzione di un catasto delle infrastrutture. Occorre infatti una pianificazione organica ed una situazione aggiornata, in modo da poter monitorare la copertura e l’andamento dei lavori. A tutto ciò dovrà accompagnarsi «la semplificazione e l’armonizzazione delle procedure adottate dagli enti locali per consentire agli operatori le realizzazione sul territorio di reti a larga banda, attraverso apposite linee guida». Anche in questo caso l’ordine e la coordinazione sono gli elementi sui quali verrà regolamentato l’impegno collettivo per la nuova rete.

Il provvedimento dà attuazione ad alcune importanti disposizioni della nuova Direttiva quadro sulle comunicazioni elettroniche regolamentando i diritti di passaggio ed accesso alle infrastrutture esistenti e ponendo obblighi di trasparenza a soggetti titolari di reti infrastrutturali (strade e autostrade, linee ferroviarie, acquedotti, ecc).

Il quadro è il seguente: un nuovo Governo si è insediato ed è stata presto chiara l’intenzione di forzare la mano sulla banda larga tanto per inseguire gli obiettivi dell’Agenda Digitale europea, quanto per dar vita ad una dinamica virtuosa di investimento e ritorno economico; l’AGCOM, alla vigilia dell’inizio dei lavori che porteranno nel tempo alla nuova infrastruttura, derime a priori ogni controversia imponendo un preciso regime regolamentativo. L’Authority parla dichiaratamente di una “cornice regolamentativa” orientata all’efficienza ed al contenimento dei costi: su questo punto sia pubblico che privato sono d’accordo, poiché è soltanto abbassando la soglia del rischio imprenditoriale che sarà possibile percorrere la via maestra che porta alla caduta del digital divide e ad una maggiore resa del broadband nazionale.

Fonte: AGCOM




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