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Gli ordini professionali nell’era di Groupon

Pubblicato su da ustorio

Scoppia in Italia una diatriba fra Groupon e gli ordini professionali: oggetto del contendere i servizi a prezzi stracciati. Chiamata in causa l'antitrust.


Nel paese degli ordini professionali e dei tabellari era soltanto questione di tempo: Groupon è al centro di un’accesa battaglia sulle sue offerte di prestazioni sanitarie a prezzi stracciati, che ha fatto infuriare l’Ordine dei medici e che ha portato addirittura a chiamare in causa l’antitrust.

La questione è da tempo all’attenzione di molti ordini professionali: medici, architetti ed anche avvocati. Come far convivere le prescrizioni anti-commerciali di alcune professioni con il moderno marketing online? La scintilla è scoppiata a Bologna, dove l’Ordine dei medici ha puntato il dito contro le offerte in saldo di prestazioni mediche quali pulizie dentali, pap test, visite dermatologiche che si trovano comunemente su Groupon. Battaglia presa subito in carico dalla Federazione Nazionale che ha creato una pagina intitolata “No al discount di una falsa sanità“, ove si legge:

Cosa nascondono i prezzi stracciati di certe prestazioni medico-odontoiatriche in Italia come all’estero? E inoltre: sono davvero trasparenti e piene di “senso civico” le campagne mediatiche volte a trasformare in un procedimento penale o comunque risarcitorio ogni rapporto con il mondo medico?

La risposta dell’Ordine è una paventata denuncia all’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato nella quale si chiede «l’apertura di una formale indagine volta a verificare la scorrettezza della pratica commerciale denunciata, adottando altresi con provvedimento cautelare ogni misura ritenuta idonea a impedire il procrastinarsi del danno che deriva ai consumatori».

 

L’Ordine però arriva secondo, perché Groupon ha chiesto per primo l’intervento dell’antitrust, convinto com’è che la minaccia di espulsione ai medici che offrano questi servizi sottocosto (com’è successo a Bologna, dove sono stati convocati 15 medici rei di aver promosso le loro prestazioni sul sito) sia contro la libertà di mercato. E con qualche ragione, visto che i tariffari sono già stati eliminati da un decreto dell’ex ministro Bersani e che in questi anni la legislazione è coerentemente indirizzata alla cosiddettaderegulation, tanto che sulla scrivania di Mario Monti c’è il piano per eliminare molti ordini professionali ed i relativi diktat. Questi i commenti del legale di Groupon Roberto Panetta e di Boris Hageney, responsabile Groupon Italia:

Con queste azioni l’ordine dei medici tende a restringere il mercato, che invece deve essere libero. (…) Per noi quella sanitaria è una categoria importante su cui facciamo controlli aggiuntivi rispetto a quelli degli altri partner. Abbiamo cominciato l’anno scorso coi dentisti e abbiamo visto che la richiesta era forte. Eseguiamo controlli sulla qualità, abbiamo tutto l’interesse a trattare bene il cliente.

Ora l’antitrust dovrà esprimersi, cercando una soluzione a questa diatriba che non è solo di principio, ma si inserisce altresì nel clima di grave crisi economica e di scontro fra consumatori e fornitori di servizi. Tanto che, in un tipico paradosso italiano, se questa denuncia da parte degli ordini è fatta, formalmente, per difendere i diritti dei cittadini, le associazioni dei consumatori sono tutt’altro che restie ad aprire a nuove forme concorrenziali dentro settori storicamente ingessati.

Ovviamente conta alla fine la qualità del servizio erogato, ma Groupon è un sito che promuove “in perdita” determinate prestazioni per 24 ore, laddove il prezzo sarebbe molto più alto, in una logica di acquisizione di clienti e di rete che non ha bisogno – almeno teoricamente – di lucrare su eventuali mancanze di controlli o di professionalità.

Che sia contro la deontologia di alcuni Ordini è da stabilire e saranno i tesserati stessi a deciderlo nel rispetto delle leggi nazionali e degli statuti. Ma la questione sul tavolo resta: chi sconta così tanto prestazioni mediche o legali fa concorrenza o dumping? Dove finisce la denuncia per una corretta informazione e inizia una difesa corporativa?

Fonte: Federazione Nazionale Ordini medici chirurghi e odontoiatri




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UE, un piano per i dati aperti

Pubblicato su da ustorio

Annunciata una strategia che dovrebbe fruttare all'Europa 40 miliardi di euro all'anno. Nella primavera del 2012 verrà inaugurato un portale per i dati aperti

 

Roma - Trasformare in oro i dati delle pubbliche amministrazioni. È il nuovo obiettivo della Commissione Europea nella già nota Agenda Digitale, una strategia sui dati aperti che dovrebbe garantire all'economia del Vecchio Continente un contributo da 40 miliardi di euro all'anno. Un piano per per sfruttare al meglio "il corposo volume di informazioni raccolte da numerosi servizi e autorità pubblici".

Il 
piano strategico annunciato dai commissari d'Europa seguirà tre strade o direttrici: in primis, "mettendo gratuitamente a disposizione del pubblico il patrimonio di informazioni grazie a un nuovo portale di dati". In secondo luogo, verranno create tra i vari stati membri "condizioni eque di concorrenza in materia di accessibilità dei dati". 

L'Unione Europea metterà infine in dotazione 100 milioni di euro da erogare nel biennio 2011-2013, in modo da finanziare la ricerca volta a migliorare le tecnologie di gestione dei dati. Il tutto passerà per un significativo aggiornamento della direttiva del 2003 sul riutilizzo delle informazioni.

Come? Innanzitutto "generalizzando la norma secondo cui tutti i documenti messi a disposizione dal settore pubblico possono essere riutilizzati per qualsiasi scopo, commerciale o non commerciale, se non sono tutelati dal diritto d'autore di terzi". I vari enti pubblici non potranno poi addebitare costi superiori a quelli necessari per soddisfare una singola richiesta di dati.

Il portale 
annunciato è attualmente in versione beta, pronto ad essere pienamente operativo nella primavera del 2012. "Una volta a regime - si spiega - il portale fungerà da punto di accesso unico ai dati riutilizzabili messi a disposizione da tutte le istituzioni, organismi e agenzie dell'Unione Europea e dalle autorità nazionali".

"Oggi inviamo un forte segnale alle amministrazioni: i dati in vostro possesso aumenteranno di valore se messi a disposizione del pubblico - ha spiegato il commissario all'Agenda Digitale Neelie Kroes - Quindi, cominciate a diffonderli fin d'ora, utilizzando il quadro elaborato dalla Commissione per unirvi ad altri leader intelligenti che hanno già cominciato a sfruttare le potenzialità dei dati aperti".

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Manovra Monti, rivoluzione della privacy per imprese ed enti

Pubblicato su da ustorio

- Il dato personale diventa proprio solo delle persone fisiche, non più delle persone giuridiche. Che restano però "abbonati". Cosa cambia in ambito telemarketing?

Stupore, e sconcerto. Questi i sentimenti che in chi scrive ha suscitato la Manovra Monti per ciò che attiene alla privacy, la cui disciplina è stata oggetto di una vera e propria rivoluzione. Stupore, perché, dopo le recenti modifiche apportate al Codice della privacy per effetto del Decreto Sviluppo, detti interventi sono giunti inaspettati. Sconcerto, in quanto, sotto un profilo strettamente giuridico, desta non poche perplessità il fatto che il nuovo assetto sia stato disegnato da uno strumento, quale il "decreto-legge", che il Governo (cui non appartiene la funzione legislativa, la quale, come noto, è esercitata dalle Camere) può utilizzare solo in casi straordinari di necessità ed urgenza, non presenti nel caso di specie in relazione alla privacy.

La modifica è conseguita ad una sola previsione, ma di portata dirompente. Facciamo chiarezza, ripercorrendone, anzitutto, il dato normativo.

La Manovra Monti, all'art. 40, comma 2, così recita:

"2. Per la riduzione degli oneri in materia di privacy, sono apportate le seguenti modifiche al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196:

a) all'articolo 4, comma 1, alla lettera b), le parole "persona giuridica, ente od associazione" sono soppresse e le parole "identificati o identificabili" sono sostituite dalle parole "identificata o identificabile".

b) All'articolo 4, comma 1, alla lettera i), le parole "la persona giuridica, l'ente o l'associazione" sono soppresse.

c) Il comma 3-bis dell'articolo 5 è abrogato.

d) Al comma 4, dell'articolo 9, l'ultimo periodo è soppresso.

e) La lettera h) del comma i dell'articolo 43 è soppressa."

Già ad una prima lettura si percepisce quella che è la novità di maggior impatto: la nozione di "dato personale", perno della disciplina di cui al Codice della Privacy, si depotenzia, essendo detta relativa alle sole persone fisiche (e non, come in passato, anche alle persone giuridiche, enti o associazioni).

Va da sé che la modifica si riverbera anche sulla definizione di "interessato", che ora può essere solamente una persona fisica.

 

Da quanto precede, consegue che la persona giuridica (sia essa una società, un ente o un'associazione) fuoriesce del tutto dalla disciplina-privacy in quanto soggetto da tutelare, e ciò a prescindere dal fatto che il trattamento dei dati personali avvenga per finalità amministrativo-contabili, o meno (in relazione a quest'ultimo aspetto si noti che, coerentemente, il comma 3-bis dell'art.5 è stato abrogato).

Come rilevato in precedenza, trattasi di una rivoluzione.

Ciò, tuttavia, non significa che le imprese possano disattendere le indicazioni del Codice della privacy e del Garante per la protezione dei dati personali, poiché esse trattano, e continueranno a trattare, anche dati di persone fisiche.

Come non significa che la persona giuridica scompaia dal Codice della privacy. Il riferimento alle persone giuridiche, enti od associazioni, infatti, continua ad essere incluso nella definizione, tra le altre, di "abbonato". Ciò comporta che, in forza del combinato disposto degli articoli 129 e 130 del Codice, il telemarketing su elenchi continua a ricevere protezione ai sensi della disciplina privacy.

Non vengono meno, peraltro, anche altre tutele per gli abbonati, tra cui quelle dettate dall'art. 122 e seguenti del Codice.

Sul fatto che quanto appena riferito discenda da una scelta consapevole, e non sia, piuttosto, frutto di una svista nella redazione del provvedimento, pare lecito nutrire dubbi. Sfugge, infatti, la ragione per la quale la persona giuridica, la cui tutela in punto privacy esce non poco affievolita dalla Manovra Monti, conserva intatte le proprie prerogative relative allo status di abbonato e, in particolare, in tema di telemarketing.

A maggior ragione se si considera che, ai sensi dell'art. 130 del Codice, che disciplina le "comunicazioni indesiderate", ora le persone giuridiche, gli enti e le associazioni possono, per esempio, essere destinatari di campagne di e-mail marketing e di fax marketing ancorché non vi abbiano prestato consenso.

Pare opportuno, infine, intervenire sull'art. 141 del Codice, in tema di tutele dinnanzi al Garante, che la norma riserva all'interessato, al fine di consentire che anche le persone giuridiche possano avervi accesso (si pensi all'ipotesi in cui una società, nominata responsabile del trattamento, abbia interesse a rappresentare all'Authority la relativa designazione come non conforme a legge).

 

Avv. Luca Giacopuzzi (Studio Legale Giacopuzzi)

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Censis, la fotografia dell'Italia in crisi

Pubblicato su da ustorio

Un paese fragile, isolato ed eterodiretto. Calano produttività e occupazione, giovani penalizzati, classi dirigenti deboli. Il rapporto Censis.

 

Nel picco della crisi del 2008-2009 l'Italia aveva dimostrato una tenuta superiore a tutti gli altri paesi, guadagnandosi una "good reputation", una buona reputazione internazionale. Ora, invece, siamo"fragili, isolati ed eterodiretti". L'analisi è firmata dal Censis, che ha appena pubblicato il 45° rapporto sulla situazione sociale del paese 2011. E che descrive un paese che a livello economico vede un calo di produttivitàservizioccupazione, in quest'ultimo caso con i giovani particolarmente penalizzati. A livello sociale, fra le altre cose, si registrano un calo di fiducia nelle istituzioni e la riscoperta del valore della repsonsabilità collettiva davanti alla crisi.

Il Censis offre un'analiasi della crisi. La fragilità di questi ultimi tempo «viene dal non governo dellafinanza globalizzata» e «si esprime sul piano interno con un sentimento di stanchezza collettiva e di inerte fatalismo rispetto al problema del debito pubblico».

Siamo isolati «perché restiamo fuori dai grandi processi internazionali (rispetto all’Unione europea, alle alleanze occidentali, ai mutamenti in corso nel vicino Nord Africa, ai rampanti free rider dell’economia mondiale)».

E siamo eterodiretti «vista la propensione degli uffici europei a dettarci l’agenda». Qui il riferimento va probabilmente alle diverse lettere, da quella di quest'estate della Bce a quella autunnale dellaCommissione, che rispettivamente da Francoforte e da Bruxelles sono arrivate a Roma per "suggerire" misure anche molto specifiche da intraprendere per uscire dalla crisi.

Quelli che invece vengono definiti «i nostri antichi punti di forza», come «la capacità di adattamento e i processi spontanei di autoregolazione nel welfare, nei consumi, nelle strategie d’impresa», non riescono più a funzionare. Qui c'è una considerazione interessante, da molti punti di vista: «Viviamo esprimendoci con concetti e termini che nulla hanno a che fare con le preoccupazioni della vita collettiva (basti pensare a quanto hanno tenuto banco negli ultimi mesi termini come default, rating, spread, ecc.) e alla fine ci associamo ? ma da prigionieri ? alle culture e agli interessi che guidano quei concetti e quei termini».

Dunque c'è un primato dell'economia finanziaria che è in realtà uno dei motivi della crisi. Per uscirne, bisogna tornare al «primato dell'economia reale», in un paese in cui imprenditorialità, anche di piccola e media dimensione, coesione sociale, forza economica e finanziaria delle famiglie, patrimonializzazione immobiliare, sistema bancario radicato sul territorio, welfare, sono fattori ancora essenziali per superare la crisi.

Vediamo un pò di cifre di questa crisi: fra il 2007 e il 2010 è calato il numero degli occupati di 980mila unità. Nel 2010 quasi un giovane su quattro fra i 15 e i 29 anni non studiava nè lavorava, un primato a livello europeo.

Nell'arco del decennio, invece, gli occupati sono aumentati del 7,5%, ma il pil è cresciuto in termini reali solo del 4%, contro il 9,7% della Germania e l'11,9% della Francia, paesi in cui gli incrementi occupazionali sono stati più bassi che da noi, rispettivamente del 3 e del 5,1%.

E' sceso parecchio l'indice di produttività, che era a 117  ed è sceso nel 2010 a 101, contro il 133 della Francia, il 124 della Germania, il 108 della Spagna e il 107 del Regno Unito.

Fra le cause del ristagno economico, viene individuato il deficit di classi dirigenti. I vertici decisionali si sono ridotti di 100mila unità fra il 2007 e il 2010, passando da 553mila a 450mila, ovvero dal 2,4% al 2% degli occupati. Si tratta di una fascia sociale in cui prevalgono fortemente gli uomini, e in cui le donne, che sono un quinto del totale, tendono ulteriormente a diminuire. Gli under 45, che sono quasi il 60% degli occupati totali, rappresentano meno del 40%. La quota di laureati è del 36,4%. Dunque, riassumendo: poche donne, età media elevata, qualificazione formativa non eccellente sono elementi della debolezza delle classi dirigenti.

 

 

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Carrier IQ, scandalo senza fine

Pubblicato su da ustorio

L'impatto del rootkit spione per smartphone si estende e coinvolge anche la politica, le autorità di controllo e i prevedibili avvocati. Tutti provano a smarcarsi: noi non spiamo, analizziamo le performance

 

 Lo scandalo Carrier IQ è esploso e ora è più che mai inarrestabile: la scoperta del rootkit installato su "150 milioni" di dispositivi mobile (smartphone e tablet) - come orgogliosamente dichiarato dalla società produttrice - sta scatenando un putiferio, e che la faccenda sia di quelle parecchio serie lo dimostra la gara tra le aziende mobile a chi si smarca prima dalla presunta opera di spionaggio onnicomprensivo messa a disposizione dal software.

È prima di tutto Carrier IQ stessa a provare a negare le accuse di violazione della privacy, delle leggi che limitano il tecnocontrollo e ogni genere di EULA e contratto con i consumatori che un sistema del genere porta con sé: "Sebbene alcuni individui abbiamo scoperto che il software Carrier IQ accede a una gran quantità di informazioni - 
spiega la società - il nostro software non registra, archivia o trasmette il contenuto dei messaggi SMS, delle email, fotografie, audio o video".
Il client di Carrier IQ serve a misurare meglio le prestazioni e a spiegare ad esempio quale "app" consuma più energia (e quindi batteria) delle altre, dice Carrier IQ, non certo a spiare il mondo intero di utenti smartphone-dipendenti.

Sarà tutta una questione di "misurazione di performance", ma a quanto pare proprio nessuno degli operatori mobile è disposto a farsi trascinare nel fango assieme al nome di Carrier IQ: Apple 
dice di aver usato il rootkit (ma solo in modalità diagnostica) in passato ma di aver interrotto il supporto a partire da iOS 5, Google rassicura di non avere alcun rapporto con Carrier IQ e che la natura "open source" di Android impedisce loro di avere il pieno controllo su quello che i carrier o i produttori OEM combinano con il sistema.

Il fuggi-fuggi dall'appestato Carrier IQ coinvolge anche i suddetti produttori OEM: HTC rivelache il rootkit è un obbligo richiesto da "un certo numero di carrier USA" e quindi la responsabilità va addossata a questi ultimi, RIM dichiara di non pre-installare il rootkit né di autorizzare i carrier a installarlo sui suoi BlackBerry.

E i carrier? Almeno uno di questi (Sprint) ammette di ricevere informazioni provenienti da Carrier IQ, ma solo per "analizzare le performance del nostro network e identificare dove dovremmo migliorare il servizio. "Raccogliamo abbastanza informazioni per comprendere l'esperienza del cliente con i dispositivi sulla nostra rete e su come affrontare qualsiasi problema di connessione - 
dice Sprint - ma non guardiamo e non possiamo guardare ai contenuti dei messaggi, delle foto, dei video ecc. attraverso l'uso di questo strumento".

Tutti negano, tutti smentiscono, tutti si smarcano e intanto lo scandalo monta e gli utenti si allarmano: 
le prime app (Android) per cercare di scovare la presenza del rootkit sul proprio cellulare sono già in circolazione, così come fioccano le guide anti-Carrier IQ e gli elenchi online delle aziende che sostengono di non aver installato il software o dei dispositivi risultati puliti alla scansione.

Ma i guai per Carrier IQ, i produttori OEM e gli operatori telefonici si fanno grossi quando entrano in gioco la politica, le istituzioni e gli avvocati: il senatore USA Al Franken ha spedito a Carrier IQ 
una sorta di ultimatum con l'obiettivo di conoscere, entro la data limite del 14 dicembre, quali e quanti dati vengono registrati, archiviati e intercettati, quali e quante società hanno accesso ai dati, quali e quante leggi federali statunitensi Carrier IQ e sodali potrebbero aver infranto con lo opera di spionaggio di massa senza autorizzazione.

Anche in Europa il fronte istituzionale si fa caldo: il Garante per la Privacy italiano Francesco Pizzetti 
conferma di aver aperto "un'istruttoria per analizzare meglio le segnalazioni relative ai software spai" con tanto di verifica sui cellulari commercializzati nel Belpaese, in Germania il garante Thomas Kranig ha convocato Apple per sapere di più sulla faccenda.

Ultima, prevedibile ciliegina sulla torta dello scandalo Carrier IQ sono le cause legali multi-milionarie, già in arrivo a soli pochi giorni dalla scoperta dell'esistenza del rootkit per smartphone: la prima lista di società trascinate alla sbarra comprende naturalmente Carrier IQ, Samsung e HTC, chiamate a rispondere dell'accusa di violazione della legge federale USA sulle intercettazioni (Federal Wiretap Act). Il rischio è di 
pagare 100 dollari per ogni giorno in cui la violazione ha avuto luogo. Ed è solo l'inizio.

 

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maschietti, attenti al WiFi.

Pubblicato su da ustorio

Dopo la puntata di Report, in cui è stata evidenziata la pericolosità delle radiazioni emesse dai cellulari, un’altra cattiva notizia arriva dall’Argentina, dove un gruppo di ricercatori ha dimostrato che la connessione WiFi di un notebook può avere effetti nocivi sulla fertilità maschile.

Lo studio, pubblicato sulla rivista medica Fertility and Sterility, è stato condotto su un campione di sperma appartenente a 29 uomini sani con un’età media di 34 anni. Una parte dello sperma è stato posizionato sotto un notebook collegato ad Internet mediante rete WiFi, mentre l’altra metà è stato tenuto lontano dal computer.

Dopo quattro ore, i ricercatori hanno verificato che il 25% degli spermatozoi vicini al notebook non si muoveva più, mentre il 9% presentava danni al DNA. Solo il 14% degli spermatozoi tenuti a distanza, invece, erano inattivi e mostravano pochi danni al DNA. Le onde elettromagnetiche emesse dal WiFi possono provocare un aumento della temperatura dell’organo riproduttivo maschile e ridurre la qualità dello sperma.

Questo risultato suggerisce quindi di evitare l’uso del portatile sulle ginocchia, anche se alcuni urologi sono convinti che le cause dell’infertilità siano da ricercare altrove, ad esempio in una cattiva alimentazione e in uno stile di vita sbagliato.

 

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Italiani: oltre 3 ore al giorno davanti a pc, tv o radio

Pubblicato su da ustorio

 

Radio, che primeggia su tutti, televisione e computer con annessa connessione ad internet. Sono questi i mezzi di comunicazione con i quali gli italiani si informano o si divertono. Il dato emerge da unaricerca  C.A.T.I. di DigiCamere in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano su un campione di 600 italiani provenienti dai comuni di Milano, Roma e Napoli. Da questa ricerca affiora che,delle cinque ore libere giornalieretre ore e dieci minuti, sono dedicate all'informazione ed all'intrattenimento reperiti attraverso l'uso di tv, radio e computer.

D'altronde la Lombardia presenta sul suo territorio il 10,8% del totale delle imprese che operano nella vendita e nella fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi (elaborazione Camera di Commercio su dati Registro Imprese al III trimestre 2011). Sono1.107 , infatti, le aziende attive in Lombardia, su un totale di 10.263 italiane, con prevalenza a Milano(442), Brescia (166) e Varese (92). In Italia 194aziende si occupano della fabbricazione di apparecchi trasmittenti radiotelevisivi, 9.745 operano nel commercio al dettaglio in esercizi non specializzati di computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici e 324 nel commercio al dettaglio di apparecchiature audio e video in esercizi specializzati.

L'interscambio commerciale di apparecchiature per le telecomunicazioni tra cui i televisori ha raggiunto quota (Elaborazione Camera di commercio di Milano su dati Istat 2011 al II trimestre) 3,9 milioni di euro circa di cui 2.589.118.088 euro di import e 1.309.336.849 di export. La Lombardia ha fatto registrare 744.465.099 euro di export di cui il 39,2% realizzato da Milano, il 33,5% da Monza e Brianza ed il 16,8% da Lodi.

Intanto, una normativa europea ha predisposto una nuova etichettatura energetica per gli apparecchi televisivi che porti ad un sistema di etichettatura che uniformi i dati informativi sui prodotti così da far migliorare l'efficienza energetica nel settore della fabbricazione degli apparecchi tv ed orientare anche i consumatori alla scelta del prodotto più efficiente dal punto di vista energetico riducendo così i consumi di elettricità. Sulla base di queste novità, nei giorni scorsi ANDEC, d'intesa con AIRES ed ANITEC e in collaborazione con la Camera di commercio di Milano, ha organizzato un momento informativo dal titolo: "La nuova etichettatura energetica per gli apparecchi TV".

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